Erodoto – Zalmoxis morto e risuscitato

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I Geti si ritengono immortali in questo senso: credono di non morire, ma che il morto vada presso il dio Zalmoxis.
Questa stessa divinità alcuni di essi la chiamano Gebeleizis. Ogni quattro anni mandano di volta in volta uno fra loro tratto a sorte come messaggero a Zalmoxis, e gli raccomandano di riferire ciò di cui volta per volta hanno bisogno.

E lo mandano nel modo seguente: alcuni tra essi hanno l’incarico di tenere tre giavellotti, altri prendono mani e piedi di colui che è inviato presso Zalmoxis e scuotendolo lo lanciano in alto sulla punta delle lance.
Se trafitto muore, essi credono che il dio è loro propizio; se invece non muore incolpano il messaggero, dicendo che è un uomo malvagio, e dopo averlo così accusato mandano come messaggero un altro: a lui danno le raccomandazioni mentre è ancora in vita.
Questi stessi Traci lanciando in alto verso il cielo frecce contro il tuono e contro il fulmine minacciano la divinità, ritenendo che non esista alcun altro dio all’infuori del loro.

A quanto poi ho sentito dire dai Greci che abitano l’Ellesponto e il Ponto, questo Zalmoxis era un uomo e viveva come schiavo a Samo, precisamente era servo di Pitagora figlio di Mnesarco; in seguito, divenuto libero, si guadagnò grandi ricchezze e poi tornò nella sua patria.
Ora, poiché i Traci conducevano una vita misera e piuttosto rozza, questo Zalmoxis, conoscendo il tenore di vita degli Ioni e costumi più civili di quelli dei Traci, poiché banchetto-Paestumaveva praticato i Greci e dei Greci certo non il più insignificante, il sapiente Pitagora, si fece costruire una sala, in cui accoglieva e invitava a banchetto i più ragguardevoli tra i cittadini.

Durante il convito insegnava che né egli stesso né i suoi commensali né tutti i loro discendenti sarebbero morti, ma sarebbero andati in un luogo di vita eterna, dove avrebbero goduto di ogni felicità.
Mentre faceva e diceva ciò che ho narrato si faceva intanto costruire una dimora sotterranea; quando questa fu completata scomparve alla vista dei Traci e, sceso giù nel sotterraneo, vi abitò per tre anni. I Traci lo rimpiangevano e si addoloravano come se fosse morto.

Al quarto anno invece Zalmoxis riapparve tra loro, e così divennero credibili le cose che affermava. Così si dice che egli abbia fatto.
Ma quanto a questo e all’abitazione sotterranea né io vi nego né vi presto fede eccessivamente; credo però che questo Zalmoxis sia vissuto molti anni prima di Pitagora. Se poi Zalmoxis fu un uomo o una qualche divinità dei Geti, lasciamo perdere.

(Erodoto, Storie, 4: 94-96)

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Il sotterraneo che Zalmoxis si era fatto costruire e dove riceveva i cittadini di nobile condizione per discutere dell’immortalità, ricorda sia la sala di Crotone dove Pitagora insegnava la sua dottrina, sia i locali dove si tenevano i banchetti delle società religiose esoteriche.
Del resto, scene raffiguranti banchetti rituali sono largamente testimoniate sui monumenti di epoca posteriore trovati in Tracia e in tutta la regione danubiana […].

In una rappresentazione satirica di Ermippo, di cui conosciamo solo alcuni frammenti, Pitagora si ritira per sette anni (il periodo è indicato da Tertulliano) in un nascondiglio sotterraneo.
Seguendo le sue istruzioni, la madre scrive una lettera che egli impara a memoria prima dimora-sotterraneache venga sigillata. Quando, dopo sette anni, riappare, simile a un morto che ritorni dall’Ade, e si presenta al popolo riunito in assemblea, si dice capace di leggere la lettera senza romperne i sigilli.
Questo miracolo convince i cittadini sulla sua permanenza agli inferi e su quanto raccontava intorno ai loro parenti e amici morti. Ma, anche in questo caso, la sopravvivenza dell’anima è intesa da Pitagora solo come una conseguenza della sua teoria della metempsicosi, ed è questa teoria che egli principalmente cercava di diffondere […].

Anche nella Vita di Pitagora di Giamblico ritroviamo la stessa leggenda e anzi vi si aggiungono particolari che non sono riportati da Erodoto. Infatti, sia Erodoto nella sua riduzione razionalistica, sia Ermippo nella sua parodia, ignorano o volutamente snaturano il significato religioso della vicenda.
Ritirarsi in un luogo appartato o discendere in una dimora sotterranea è l’equivalente rituale e simbolico della «discesa agli inferi», primo atto di un rito iniziatico […]

Discendere agli inferi vuol dire conoscere la «morte iniziatica», subire un’esperienza che può rinnovare totalmente. La «scomparsa» (occultazione) e la «ricomparsa» (epifania) di un essere divino o semi-divino (re messianico, profeta, mago, legislatore) costituisce parte di uno scenario mitico-rituale assai diffuso nel mondo mediterraneo e asiatico.

(Eliade, Da Zalmoxis a Gengis Khan)