In tutto, i fratelli maggiori e minori del dio Signore del Grande Paese, erano ottanta. Tutt’e ottanta cedettero però il loro paese al dio Signore del Grande Paese.
Il motivo della cessione: ciascuno di quegli ottanta dèi aveva in mente di andare a sposare la principessa Yakami di Inaba. E quando si recarono tutti assieme a Inaba, fecero portare il sacco [delle loro cose] a Okuninushi, il «dio dal gran nome», trattandolo alla stregua di un servitore.
In tale occasione, essendo giunti al capo Keta, proprio in quel momento, un coniglio nudo giaceva disteso a terra.
Gli ottanta dèi dissero al coniglio: «Ehi, tu! Ecco ciò che devi fare! prendi un bagno nell’acqua di questo mare, poi sdraiati sulla cima di un monte alto, là dove giunga il soffio dei venti».
Così gli dissero, e il coniglio, seguendo le loro istruzioni, [si bagnò in mare e] si sdraiò. Ma allora, man mano che s’asciugava l’acqua salata, la pelle del suo corpo, al soffiare del vento, si screpolò completamente; perciò, facendogli male, piangeva steso a terra.
Okuninushi, il «dio dal gran nome», che veniva molto dopo, nel vedere il coniglio, gli chiese: «Perché mai sei steso lì a terra e piangi?».
Il coniglio così gli rispose: «Mi trovavo nell’isola Oki e siccome desideravo passare in questo paese, non avendo alcun mezzo con cui passare, ingannai il coccodrillo del mare, proponendogli di fare la conta di quale delle due tribù, se la sua o la mia, fosse più numerosa. Gli dissi: “Tu vieni qui accompagnato da tutti quelli che appartengono alla tua tribù, e falli disporre in fila, da quest’isola fino al capo Keta. Io poi vi passerò leggero di sopra, per fare la conta, e così sapremo qual è la tribù più numerosa”. E così li ho ingannati, passandoci sopra fin qua, contando. Solo che, proprio mentre stavo per scendere a terra, m’è venuto di dire: “Guardatemi bene! sono io quello che vi ha ingannati!”. E avevo appena finito di dirlo, quando ecco rapido l’ultimo coccodrillo della fila mi prese e mi tolse completamente la pelle. Perciò, quando sono passati gli ottanta dèi, mi hanno trovato che piangevo, e mi hanno esortato a prendere un bagno nell’acqua di mare a di sdraiarmi dove batte il vento. Così mi ingannarono».
Allora Okuninushi istruì così quel coniglio: «Ora, in tutta fretta, devi andare alla foce di questo fiume, devi lavare il tuo corpo nell’acqua dolce: poi, prendendo i fiori di canna di quella foce, stendili e spargili: rotolandoti sopra di quelli, il tuo corpo guarirà certamente, acquistando una pelliccia simile a quella che avevi prima».
Così gli insegnò.
E il coniglio, avendogli dato ascolto, riebbe il corpo uguale a prima. Noi lo conosciamo come il Coniglio Bianco di Inaba. È detto anche il dio Coniglio.
Bene, questo dio Coniglio disse a Okuninushi: «Quegli ottanta dèi non conquisteranno la principessa Yakami. Benché sia tu a portare il sacco, proprio tu, o augusto, la avrai!».
Così parlò il Coniglio Bianco.
E infatti, quando gli ottanta dèi chiesero la mano alla principessa Yakami, costei disse a tutti loro: «Io non do ascolto alle vostre parole, io voglio essere la sposa del dio che ha il gran nome».
Ecco, per questo motivo, gli ottanta dèi andarono su tutte le furie; avendo progettato insieme di uccidere il dio possessore del gran nome, ed essendo arrivati alla base del monte Tema, così fra loro parlarono a Okuninushi: «Su questo monte c’è un cinghiale rosso. Ecco, siccome noi lo cacceremo giù, tu devi aspettarlo e prenderlo. Se non riuscirai a prenderlo, noi ti uccideremo senza dubbio!».
Ciò detto, arroventarono col fuoco una grande pietra, che sembrava un cinghiale, e rotolandola la fecero precipitare giù dal monte. Okuninushi le corse addosso, ma nell’afferrarla si bruciò su tutto il corpo e morì.
A questo punto, la sua veneranda madre, piangendo tutta afflitta, salì devotamente in cielo e supplicò l’augusto Kami-musubi, e questi subito inviò la principessa Conchiglia Rossa e la principessa Conchiglia Pettine con l’ordine di risuscitare Okuninushi.
Ecco la principessa Conchiglia Rossa raschiò e abbrustolì la propria conchiglia, mentre la principessa Conchiglia Pettine portò dell’acqua. E, avendolo unto con un liquido come latte di madre, ne fecero un bel giovanotto che, subito, ricominciò a camminare.
Gli ottanta dèi, nel vedere ciò, per ingannarlo nuovamente, lo condussero sul monte e, addentratisi, tagliarono e abbatterono un grande albero; sul tronco poi introdussero un cuneo e, battendolo, lo piantarono nell’albero; fecero poi entrare Okuninushi dentro a quella spaccatura e, togliendo via a colpi quel cuneo introdotto nella spaccatura, lo uccisero schiacciandolo.
Ma la sua augusta veneranda madre, di nuovo, tutta piangente, avendolo cercato e riuscita a trovarlo, spaccò subito quell’albero ed estrattolo fuori, lo fece rivivere; parlò poi così al figlio: «Tu, se resti qui, gli ottanta dèi finiranno per disfarti».
Ed ecco, infatti, gli ottanta dèi, avendolo cercato e inseguito, lo raggiunsero di nuovo. Solo che, mentre essi puntavano le frecce, Okuninushi sgusciò dalla biforcazione degli alberi, fuggì e si allontanò.
Allora la madre gli parlò: «Va’ da Susanowo – gli disse. – Va’ da lui, nella regione dell’angolo del profondo! Lui troverà sicuramente uno stratagemma».
E Okuninushi andò dall’augusto Susanowo, come la madre gli consigliava.
Appena giunto, essendo uscita a vederlo Suseri, la figlia di Susanowo, ecco che si scambiarono delle occhiate e si unirono in matrimonio.
Suseri corse dal padre a dirgli: «È venuto un dio assai bello».
Susanowo allora uscì a vedere: «Ah! – disse. – Costui è il dio di cui dicevi: il brutto maschio della pianura delle canne!».
Così avendo detto, lo chiamò subito dentro e lo fece dormire nella grotta dei serpenti.
Ma la sposa, l’augusta principessa Suseri, diede allo sposo una benda di serpenti, dicendogli: «Quando i serpenti staranno per morderti, agita tre volte questa benda e allontanali battendoli».
E lui, seguendo le sue istruzioni, con la benda riuscì a scacciare i serpenti e poté dormire tranquillamente, e uscire [l’indomani dalla grotta].
Di nuovo, la notte del giorno seguente, lo fece entrare nella grotta dei millepiedi velenosi e delle vespe; ma avendogli la sposa dato nuovamente una sciarpa di vespe e di millepiedi, e avendolo istruito come prima, poté perciò uscire [il mattino seguente] sano e salvo.
Allora Susanowo, scoccata una freccia risuonante, avendola mandata in mezzo a una grande prateria, ordinò a Okuninushi di andarla a raccogliere. Appena fu entrato in quella prateria, Susanowo col fuoco incendiò tutt’intorno quella prateria.
In tale frangente, non conoscendo alcuna via d’uscita, venne un topo e così gli parlò:
di dentro è vuoto-vuoto
di fuori è stretto-stretto
Avendo così il topo parlato, Okuninushi pestando coi piedi quel luogo, sprofondò in una grotta sotterranea e, mentre stava nascosto, il fuoco passò sopra divampando.
Allora il topo venne fuori portando in bocca quella freccia risuonante e gliela presentò. Le piume di quella freccia erano state mangiate completamente dai figli del topo.
Intanto, Suseri, tutta piangente, venne portando l’occorrente per il funerale. Suo padre, il gran dio Susanowo, pensando che Okuninushi fosse già morto, uscì verso quella prateria e, mentre stava ritto, [lo vide venirgli incontro che] riportava la freccia, e gliela consegnava.
Accompagnandolo, lo fece entrare in casa; lo chiamò dentro alla grande sala dello spazio di otto risaie, e si degnò di farsi togliere da lui i pidocchi dalla sua testa. Ecco, a guardare bene quell’augusta testa, vi erano molti millepiedi.
A questo punto, Suseri diede allo sposo le bacche dell’albero Muku e della terra rossa. Egli perciò rompeva coi denti quelle bacche e sputava via con la terra rossa che aveva in bocca. Quel gran dio, Susanowo, credeva che schiacciasse coi denti i millepiedi e li sputasse fuori; sentì nel suo cuore simpatia per lui, e si addormentò.
A questo punto, Okuninushi afferrò i capelli di quel gran dio, li fissò intrecciandoli a ogni trave di quella camera; ostruì la porta di quella caverna con una pietra che a trascinarla ci volevano cinquecento uomini; si mise in spalla la sposa, la principessa Suseri, prese e portò via la grande spada di vita di quel gran dio, e l’arco e le frecce di vita, nonché la sua arpa celeste ornata di perle, e uscì fuggendo.
Ma quell’arpa celeste ornata di perle, avendo urtato contro un albero, la terra si mosse e rimbombò.
Allora il gran dio che dormiva colà, all’udire quel rumore si spaventò e tirando i capelli fece crollare quella casa. Ma mentre scioglieva i capelli legati alle travi, l’altro [Okuninushi] fuggì.
Alla fine, avendolo inseguito fino alla larga salita dell’Averno, colà giunto, vedendolo lontano assai, chiamò a più riprese Okuninushi e gli parlò con queste parole: «Servendoti della grande spada vivente e dell’arco e delle frecce viventi che porti via con te, insegui e sconfiggi tutti i tuoi fratellastri, fino alle auguste estremità dei pendii, inseguili e spazzali via in ogni rapida di fiume; e tu, o vigliacco, diventa il dio del bel Paese dei Viventi; quella mia figlia, la principessa Suseri, diventi la tua legittima sposa. Poi, ai piedi del monte Uka, nella roccia dura del profondo della terra pianta le colonne del palazzo, grosse, ed eleva le travi del tetto sporgenti in alto, fino all’alta pianura del cielo. Ivi abita! Miserabile!».
Così parlò, e Okuninushi, servendosi della grande spada e dell’arco, nel tempo che inseguì e allontanò quegli ottanta dèi, li inseguì e li sconfisse a ogni augusta estremità di pendio, li inseguì e li spazzò via a ogni rapida di fiume, e cominciò così a costruire il Paese.