… e già, i maghi e gli indovini, i Maestri di parola: «i cialtroni della Casa dei Libri».
È così che li chiama Faraone.
Li chiama Faraone, o qui è Thomas Mann che s’intrufola per dire la sua (da dietro le quinte)?
Insomma: è il Personaggio (Faraone) al servizio dello Scriba (Thomas Mann), o non è piuttosto il caso di prendere in considerazione quello che lo stesso Scriba vuol farci intendere – e cioè che il Personaggio gli ha preso la mano? e che forse è tutta qui la «mania» (apollinea o dionisiaca, de gustibus) che invasa i sogni dello Scrittore?
Che li invasa, come dice Freud, del loro (capovolgente) «sistema di scrittura»? Di una «scrittura» più arcaica della sua facoltà di «lettura»?
Ma se il Sogno è una Scrittura «a occhi chiusi», lo Scriba che ne scrive «a occhi aperti», non può fare a meno di domandarsi: la mano che qui scrive, la mia mano che scrive del mio Sogno – a chi appartiene?
Al servizio di quale Dominazione? A quella della Coscienza vigile e desta? o a quella della Credenza più incredibile che ci possa capitare: quella di credere anche da svegli ai nostri propri sogni fino a secernere, da ciascuno di essi, i fantasmi che di volta in volta «eleggiamo» a Guide o Compagni di viaggio? Non sono, questi, i Fiori immaginari che vediamo spuntare magicamente «capovolti» da quel Vaso che, incredibile a dirsi, in tutta questa faccenda è la sola «cosa» che, bene o male, ci troviamo a essere, ossia Corpi Reali, in carne e ossa?
Perché in carne e ossa è lui, Thomas Mann, che sta scrivendo il libro – ed è lui a doversi dolere del dolore che Faraone v’inscrive: anche questo libro finirà nella Casa dei Libri, e dovrà rassegnarsi a convivere, guarda un po’, magari nello stesso scaffale dove in bella mostra campeggiano i frontespizi dei Tomi Aurei dell’Eterna Cialtroneria dei «maghi e indovini», mi raccomando: sempre alla moda! guai a dire una cosa «arcaica»!
Quello che la sua mano invece si accinge qui a scrivere è proprio un «arcaismo», solo un piccolo «geroglifico» di un’antica Sapienza perduta. Perduta, sai dove? proprio nel Rumore dell’Infinita Chiacchiera che regna sovrana nella Casa dei Libri! La Chiacchiera è sempre «moderna», sempre «presente» al suo Ora. E in quanto al suo passato, la Chiacchiera non sa che farsene. Lo ritiene già «consumato».
E invece, a volte, ritorna. Forse non ritorna nient’altro che ciò che la Chiacchiera s’illude di aver «consumato» solo per averlo detto una volta. Di ciò che essa «tralascia», per poter ora essere lasciata in pace di «riprodurlo» non a memoria, ma naturaliter, o come si dice oggi: «dal vivo».
Ma quando ritorna, se ritorna (Eco a Narciso), è sempre qualcosa di antico che si ripresenta. Sempre qualcosa di arcaicamente incompiuto. Qualcosa che è ancora imperfetto: come il primo Dioniso, il Dioniso «figlio di Semele». Che ora viene a domandare asilo nel tuo polpaccio, mio caro lettore, perché sia tu a generare ciò che manca al Racconto.
Ecco il seme antico che vuole ingravidarti. È l’arcaismo che Thomas Mann fa riaffiorare sulla bocca, a turno, di Faraone e di Giuseppe.
È solo questa domanda che ti rivolge.
La mano, chi la guida: lo Scriba o lo Scritto?
Il sogno, chi lo comanda: il Sognatore o il Sognato?
Hai letto il Libro?
Ora dimenticalo!
Hai fatto il Sogno?
Ora pensa ad altro!
E quando l’avrai dimenticato, dal Libro come dal Sogno, un’eco, se deve tornarti, ti tornerà.
Tre anni dopo che avrai dimenticato d’averlo dimenticato (la datazione la sto rubando ai cabalisti), quel che ritornerà, se ritornerà, sarà per venirti a dire ciò che nel Libro c’era già scritto, ciò che nel Sogno avevi già sognato, ma che tu, allora, non potevi «decifrare».
C’era scritto, ricordi?, che eri tu che lo sognavi, quel Sogno, eppure non eri tu che lo stavi dormendo. Che eri, a turno, Zhou e la farfalla. Che il Libro, c’era un’altra mano a scriverlo «alla tua sinistra», e tu «da destra» non dovevi far altro che leggerlo, ti ricordi? Tu sopra, Narciso, e tutto il mondo sotto: che c’era già il Padrone di tutto il mondo, prima che tu t’impadronissi dei muscoli del tuo Corpo in carne e ossa: come puoi averlo dimenticato?
C’era scritto in quel Libro Antico, così antico che alcuni lo chiamano «della Creazione», che al Libro stesso mancano sempre quelle tre parole «naufragate» nella cialtroneria dei Librai, e che tu, come ciascuno di noialtri, hai da «domandarle» al Re del tuo Sogno: perché solo il tuo Re Pescatore le può recuperare dal fondo del Mare Salato della Chiacchiera.
Come? Faraone gli racconta per filo e per segno i suoi sogni, e Giuseppe se ne sta lì muto, «l’agnellino», senza dire una parola e con lo sguardo perso chissà dove?
E costui sarebbe il Grande Interprete dei Sogni secondo l’antica tradizione di Egitto e Mesopotamia?
Uno che non ha da dire niente?
Uno che non ha uno sproloquio già bell’e pronto, una soluzione a portata di mano, una risposta taumaturgica o un talismano?
Giuseppe non dice niente.
Solo quando Faraone lo costringe a rompere il silenzio, solo allora dice qualcosa.
E quel che dice, lo dice solo per «rinviare» a Faraone le sue stesse parole!
Non l’hai detto tu che il tuo era «sogno di re»?
Traduco in indù: non l’hai detto tu che il tuo era «sogno di purusa»?
Tu non eri Amenhotep, non questo qui che sei ora qui di fronte a me, ma eri quell’altro, eri Nefer-Cheperu-Rê, il re!
Eri il Personaggio.
Eri la Persona.
(Senti come scivola bene la Metafora sul verbo «essere»!)
Tu «eri» Quell’Altro!
Eri l’Âtman, eri il Tempio dei templari di ogni tempo, eri l’Esaltato, il Corpo Glorioso, l’Esagerato, il Misericordioso.
Giuseppe non dice niente.
(Sono io che mi faccio scappare troppe parole di bocca.)
Dio parla al re per mezzo di sogni. Giuseppe lascia che sia Dio a parlare al re. Lui si limita a ricordare a Faraone che, mentre lui dorme, è il Re, è il Purusa, è il Personaggio, a sognare.
L’Âtman palpita nelle vene del tuo Purusa, quando dormi. Il Mistero «prende corpo» in questa Terra di Mezzo – terra di fantasmi e di apparizioni, di vacche grasse ma anche di vacche magre. Terra di tarocchi ambigui. Di doppi sensi, insieme scritti e letti, sognati e interpretati simultaneamente.
Il Sogno è un Paese, e la Lingua che vi si parla è «strabica»: in ogni suo vocabolo, sono le «due nascite» di Dioniso che si parlano da un «tempo» all’altro del loro concepimento.
«Mamma, niente fin da principio fu più chiaro alla mia Maestà di quel che ora mi dice l’agnello: che cioè non ero io a sognare, ma il re».
Mamma, in sogno, io ero il Re dei sogni!
Voglio capire solo questo mio «sdoppiamento».
Mamma, voglio sapere di quando «Uno divenne Due», e chi dei due all’Altro si sottomise.
Solo questo, te lo prometto, chiederò ai Moderni Interpreti dei sogni: che mi aiutino a discernere il Dormiente (il Vaso Reale del Corpo in carne e ossa) dai Fantasmi che «infiorano» il Sognato (il Corpo ideale del Re).