Di Gilgameš che vide ogni cosa voglio narrare al mondo,
di lui che apprese ogni cosa facendone esperienza.
Egli andò alla ricerca dei paesi più lontani
e in ogni cosa raggiunse la perfetta sapienza.
Egli vide cose segrete, scoprì cose nascoste,
e riferì le leggende dei tempi prima del diluvio.
Percorse vie lontane, finché stanco e abbattuto si fermò
e fece incidere tutte le sue fatiche su una stele di pietra.
Fu lui a costruire le mura di Uruk, l’ovile
del santo Eanna, il luogo splendente […]
Attraversò l’Oceano, vasti mari fin dove sorge il sole,
scrutò i confini del mondo alla ricerca dell’immortalità,
e giunse presso Utnapištim che dimora in un luogo remoto,
e vivificò le conoscenze sepolte dal diluvio.
Chi fra la moltitudine dei popoli si può
a lui paragonare nell’esercizio della regalità?
Chi, al pari di Gilgameš, ha il diritto di dire: «Io sono Re»?
Lui era destinato alla gloria sin dalla nascita.
Era per due terzi dio, e per un terzo uomo […]
In Uruk, l’ovile di Ištar, egli va avanti e indietro,
s’impenna e tiene la sua arma in erezione come un toro selvaggio.
Non ha rivali, la sua arma è sempre sollevata
e al suono del suo pukku accorrono i suoi compagni.