Aiguesmortes – L’impronta di un giaguaro

Rodin-Orfeo-Euridice

forse
fu la gelosia di un giardiniere a immaginarti
(eri tu il fiore che non doveva essere colto)

forse, Core mia, nel pozzo di una luna cieca
a piedi scalzi dal cielo scivolasti
(fu Ade – ricordi? fu l’Invisibile a rapirti)

datemi una sposa, diceva la cantilena
una sposa datemi nei cui occhi
un lampo riveda di quell’eterno mezzogiorno
che nessuna notte ha mai partorito

forse, Core mia, scivolando tu temesti
che lunatico ogni amore sarebbe morto
nell’orbita ricadendo dell’Invisibile Giardino
di un dio che ti aveva già tolta al mondo
come il fiore immaginandoti che non si coglie

chi può dire insensato il tuo timore?
ruota la fortuna finché il dado
sulla tunica non ricade d’un altro povero cristo

chi può dire che mentivi?
eppure Orfeo si prenderà la colpa
di venirti appresso fino all’inferno

ma tu dormi, sposa mia, non ti addolorare
se stanotte il tuo cantore stona
è solo perché la lama ha visto luccicare
la fredda lama delle spade sulla cui punta la tua perdita
lo costringerà a danzare

finché là dove ora giace il papavero rosso
del bacio che ancora non ti ho dato
il tempo scoprirà che sotto non c’era
che l’impronta di un giaguaro ballerino

in verità era una volpe travestita
e quel fiore non doveva essere colto

in verità il tempo dimostrerà
che sono solo un presuntuoso

dal momento che sapevo
che quel fiore doveva solo essere dormito
sulle tracce degli antichi giaguari
(quelli che non si camuffavano da musici o poeti)

datemi una sposa, diceva la cantilena
una sposa datemi nei cui occhi
un lampo riveda di quell’eterno mezzogiorno
che nessun’arpa ha mai pizzicato

(Aiguesmortes, Udite! Udite!)