Silenzio chiedo a tutte le divine genti,
piccole e grandi, progenie di Heimdallr!
Tu vuoi che io, o Valfoðr, narri compiutamente
le antiche storie delle creature, le cose prime che ricordo.
Ricordo i giganti, nati in principio,
quando, un tempo, mi diedero cibo.
Nove mondi ricordo, nove interni sostegni
e il grande frassino che penetra la terra.
Era al principio dei tempi: Ymir vi dimorava;
non c’era né mare né spiaggia né onde gelide;
terra non si distingueva né cielo, in alto:
un baratro informe c’era ed erba in nessun luogo.
I figli di Burr [Óðinn, Vé e Víli] trassero su le terre,
loro che la vasta Miðgarðr [Terra di Mezzo] foggiarono.
Diede luce da mezzogiorno il sole alle pareti di pietra;
allora germogliò la terra di porro verde.
Da mezzogiorno il sole, compagno della luna,
stese la mano destra verso l’orlo del cielo;
il sole non sapeva dov’era la sua corte,
le stelle non sapevano dov’era la loro dimora,
la luna non sapeva qual era il suo potere.
Andarono allora gli dèi tutti alle sedie del giudizio,
divinità santissime e su questo deliberarono:
alla notte e alle fasi lunari nome imposero:
al mattino diedero un nome e al mezzogiorno,
al pomeriggio e sera per contare gli anni.
S’incontrarono gli Asi a Iðavöllr,
essi che altari e templi alti innalzarono;
focolari accesero, crearono ricchezze,
tenaglie foggiarono, ingegnarono utensili.
Nella corte giocavano a scacchi; erano ricchi:
d’oro non si sentiva la mancanza,
finché tre donne, figlie di Titani, possenti
oltremisura, giunsero dal regno dei Giganti. […]
E ricordo la prima guerra di eserciti nel mondo,
quando con lance urtarono Gullveig
e nella casa di Harr le dettero fuoco:
tre volte l’arsero, tre volte rinacque,
spesso, più volte; ancora ha vita!
Heiðr le misero nome: dovunque venisse nelle case,
indovina di veri auspici, interpretò incantamenti;
incantò, dovunque potesse, incantò i sensi,
sempre fu la delizia di spose malvagie.
Andarono allora gli dèi alle sedie del giudizio,
divinità santissime e su questo deliberarono:
se un qualche tributo avessero gli Asi dovuto pagare
o se avessero tutti gli dèi diritto a sacrifici.
Saettava Óðinn e dava colpi nella mischia:
era quello lo scontro primo nel mondo;
rotta fu la cinta di legno di Ásgarðr,
i Vani bellicosi dilagarono nelle pianure. […]
Forte abbaia Garmr davanti alla caverna Gnípa,
spezzerà la sua catena: correrà, poi, il lupo.
Molte scienze io conosco: ancora nel futuro scorgo
rovina di dèi, possenti divinità di vittoria.
Si colpiranno i fratelli, e l’un l’altro morte si daranno;
i cugini sopprimeranno i vincoli di parentela:
crudo è il mondo, grande il meretricio;
tempo di guerra tempo di spada, vanno in pezzi gli scudi
tempo di tempesta e di lupo prima che il mondo rovini;
neppure un uomo risparmierà un altro.
S’agitano i figli di Mímir – la fine del mondo si avvicina –
attorno a quell’antico Gjallarhorn;
alto soffia Heimdallr il corno che sporge,
Óðinn parla con la testa di Mímir.
Trema d’Yggdrasill il frassino eretto
scricchiola il vecchio tronco, mentre il gigante si slega.
Temono tutti sulla via della morte
prima che lo divori il [fuoco] «parente di Surtr».
Forte abbaia Garmr davanti alla caverna Gnípa,
spezzerà la sua catena: correrà, poi, il lupo.
Molte scienze io conosco: ancora nel futuro scorgo
rovina di dèi, possenti divinità di vittoria.
Da oriente viene Hrymr, tiene davanti uno scudo;
s’avvolge il rettile cosmico, in titanica collera:
batte l’onde il serpente, mentre l’aquila grida.
Strazia cadaveri, livida; Naglfar salpa.
Una chiglia s’avanza da Oriente: verrà di Muspell
il popolo, per le acque e Loki tiene il timone.
Si fa avanti la famiglia dei mostri insieme al lupo, tutta
e con loro il «fratello di Byleiptr» [Loki] s’avanza.
Cosa incombe sugli Asi, cosa sugli Elfi?
Tutto rintrona il mondo dei Giganti, gli Asi sono a convegno;
gemono i nani davanti alle porte di pietra,
esperti di pareti rocciose. E voi, riuscite a seguire?
S’avanza Surtr da mezzogiorno col «crepitare di rami»,
splende sulla spada il sole degli dèi di battaglia;
precipitano massi di roccia, maligni cadono spiriti:
battono gli uomini la via della morte e il cielo si schianta.
Ecco, viene ancora dolore su Hlin [Frigg],
ora che Óðinn si prende a battaglia col lupo;
e l’uccisore di Beli [Freyr], luminoso, contro Surtr.
Allora rovinerà la «delizia di Frigg» [Óðinn].
Forte abbaia Garmr davanti alla caverna Gnípa,
spezzerà la sua catena: correrà, poi, il lupo.
Ecco, viene quel grande figlio del Padre di vittoria,
Víðarr e combatte contro la bestia malvagia;
egli fa sì che al figlio di Hveðrungr [il lupo] la spada alfine
trapassi conficcata il cuore: il padre così è vendicato.
Ecco, sopraggiunge il divino figlio di Hlodyn [Þórr],
s’avanza il figlio di Óðinn per contrastare il serpente;
con ira, lui, colpisce, protettore di Miðgarðr [Terra di Mezzo]:
tutti gli uomini la propria terra sgombreranno;
nove passi indietreggia il figlio di Fjörgyn
respinto dal serpente che non teme ludibrio.
S’abbuia il sole, nel mare affonda la terra,
scompaiono dal cielo gli astri splendenti.
Sibila il vapore con «chi vita alimenta» [il fuoco],
alta gioca la vampa col cielo stesso.
Forte abbaia Garmr davanti alla caverna Gnípa,
spezzerà la sua catena: correrà, poi, il lupo.
Molte scienze io conosco: ancora nel futuro scorgo
rovina di dèi, possenti divinità di vittoria.
Affiorare ecco vedo ancora una volta
la terra dal mare novellamente verde;
cadono le acque, l’aquila le sorvola,
lei che dall’alto cattura i pesci.
Si radunano gli Asi a Iðavöllr;
e del serpe stretto al mondo, possente, ragionano.
E si rammentano di grandi imprese
e delle antiche rune di Fimbultyr [Óðinn].
Là, in seguito, meravigliose
tavole d’oro si troveranno fra l’erba.
Erano quelle che avevano nei tempi antichi.
Non seminati produrranno i campi,
migliorerà ogni male; Baldr tornerà.
Höðr e Baldr abiteranno la reggia di Hroptr,
felici, dèi battaglieri. E voi riuscite a seguire?
Ecco, estrarrà Hoenir il ramoscello della sorte
e i figli abiteranno dei due fratelli
il «mondo del vento», vasto. E voi riuscite a seguire?
Vedo ergersi una corte del sole anche più bella,
coperta d’oro in Gimlé;
là valorosi a schiere dimoreranno
ed eternamente gioiranno felici.
(Völuspá, 1-8; 21-24; 44-64)