Nel racconto biblico è fatta parola della fonte che irrigava il Paradiso, e da cui nascevano i quattro fiumi; ma non è detto che essa avesse virtù di perpetuare la vita, o di restituire la giovinezza perduta. Ciò nondimeno, l’idea di porre accanto all’albero della vita anche una fontana di vita e di gioventù era un’idea così naturale, tanto consentanea ad una delle fantasie mitiche più diffuse e più costanti, che non poteva, o prima o poi, non sorgere nello spirito di qualcuno.
A farla sorgere sarebbero bastati i parecchi accenni che ad una fonte di vita si trovano nelle Sacre Scritture; sarebbe bastato l’esempio dell’autore dell’Apocalisse, che nella celeste Gerusalemme fa scorrere presso l’albero della vita il fiume della vita; ma, anche senza di ciò, la fonte meravigliosa sarebbe scaturita nel luogo di tutte le delizie, e perché la natura stessa del luogo pareva richiederla, e perché essa esisteva già e non c’era bisogno di inventarla.
Nel paradiso indiano sgorga la fonte Ganga, da cui nasce il Gange; nell’iranico sgorga la fonte di vita Ardvî Sûrya; nel cinese un fonte giallo dell’immortalità, il quale si spartisce in quattro fiumi, o un fiume giallo, che ritorna alla sua fonte, e ha la stessa virtù; negli Orti delle Esperidi, o nell’Elisio, sono i fonti dell’ambrosia, cioè del sacro liquore che procaccia l’immortalità.
Una fonte di giovinezza si trova nel paradiso messicano, e nel gaelico, e in quello degli abitanti dell’arcipelago delle Hawaii, e in altri. Di uno stagno, le cui acque hanno virtù di ringiovanire, si parla nel Satapatha Brâhmana.
L’immaginazione riappare frequente in tradizioni di più sorta e in novelline popolari, alcune delle quali sono senza dubbio assai antiche.
Di una spedizione di Alessandro Magno alla ricerca della miracolosa fontana si narra nello Psuedo-Callistene, nei poemi di Firdusi e di Nezâmî, in quello di Lambert li Tors e Alessandro da Bernay, ecc.
Tra le fiabe tedesche pubblicate dai fratelli Grimm ve n’è una intitolata Das Wasser des Lebens, nella quale si narra di tre giovani principi che, per ridare la sanità al padre ammalato, muovono in cerca dell’acqua della vita: solo il minore dei tre riesce a trovarla.
Questa novella fu narrata anche in latino, ed ebbe corso nel medioevo; fiabe consimili si trovano nelle letture popolari di tutta Europa.
Nei racconti orientali la fontana di vita, o di gioventù, è spesso ricordata, e i più dei geografi arabici la pongono in Oriente, e in Oriente la lasciano, di solito, i racconti occidentali.
Il desiderio di Faust fu desiderio di tutti i tempi e di tutte le genti.
La fontana di vita e di giovinezza doveva dunque scaturire dal suolo benedetto del giardino di felicità. Nel Combattimento di Adamo, l’acqua di che si formano i quattro fiumi sgorga dalle radici dell’albero della vita.
Sant’Agostino racconta nel suo trattato De origine animae come a Santa Perpetua fosse conceduto di vedere il proprio fratello, morto di lebbra, «aggirarsi pieno di salute e di bellezza in una splendente dimora, bevendo acque miracolose entro una coppa d’oro» (La passione delle sante Perpetua e Felicita). Non dice che acque fossero, ma s’indovina che erano attinte a una fontana di vita: quanto alla dimora splendente, essa è, senza dubbio, il Paradiso terrestre. Nelle leggende medievali concernenti il Paradiso si parla risolutamente di una vera e propria fontana.
In altre leggende questa fontana appare di bel nuovo fuori del Paradiso, con cui può serbare o non serbare relazione: nel secondo caso nulla vieta di credere che si ammettessero più fonti diverse; nel primo la fonte deriva in qualche modo dal Paradiso, o è piuttosto un’acqua derivata dalla fonte del Paradiso.
Di una fonte così derivata si parla nell’Huon de Bordeaux:
Ens ou regie l’amiral est entré;
Dix ne fist arbre qui peust fruit porter
que il n’eust ens el regie planté.
Una fontaine i cort par son canel;
de paradis vient li rius sans fauser.
Il n’est nus hom qui de mere soit nés,
qui tanto soit vieus ne quenus ne mellés,
que se il puet el ruis ses mains laver
que lues ne soit meschins et bacelers.
[L’ammiraglio è entrato nel giardino;
Dio non fece albero che potesse portar frutto
che non avesse piantato in quel giardino.
Dentro il suo alveo vi scorre una fonte;
senza dubbio quel rivo viene dal Paradiso.
Non vi è uomo nato da madre,
che per quanto sia vecchio, canuto e cadente,
se può lavare le mani nel rivo
non diventi giovane uomo o giovane donna]
Nel già citato Romans d’Alixandre di Lambert li Tors e Alessandro da Bernay la fontana ha la medesima origine, sebbene non troppo se ne intenda il modo:
Li fontaine sordait de l’ flun de paradis,
de l’aighe de Deufrate qui départ de Tigris.
[La fontana sortiva da un fiume di paradiso,
dall’acqua dell’Eufrate che viene dal Tigri]
Nel Trojanischer Krieg di Corrado da Würzburg, Medea usa di un’acqua venuta dal Paradiso terrestre per far ringiovanire il padre di Giasone; e dal Paradiso deriva la fonte che guarisce tutti i mali, della quale si parla nel Titurel di Albrecht.
Nell’Arzigogolo del Lasca è ricordata cert’acqua che ha virtù di far ringiovanire e che un tale andò a cercare nel Paradiso terrestre, sul Caucaso, consumando nel viaggio gran parte della vita.
Ma della fonte si parla pure, come ho detto, indipendentemente dal Paradiso terrestre.
Stefano di Borbone (morto c. 1262) narra, per averlo udito narrare da altri, il caso di un vecchio, il quale avendo, là nelle terre d’oltremare, bevuto, senza intenzione, dell’acqua di certa fonte, tornò subito giovane, ma dopo non poté ritrovar mai più il luogo ove essa scaturiva.
Il Mandeville, che tante cose vide, vide anche questa. Egli dice che la fontana miracolosa sgorga alle falde di un monte, vicino alla città di Polambe; che ha odore e sapore di tutte spezie, e muta l’uno e l’altro a ciascun’ora del giorno. Chi, a digiuno, beve tre volte di quell’acqua guarisce d’ogni male; e gli abitanti di quelle terre vicine, i quali spesso ne usano, vanno esenti da malattie e paiono sempre giovani. Il viaggiatore volle berne ancor egli e credette di sentirsi tutto ringagliardito.
Nel Phisiologus di Teobaldo (sec. XI), nei Bestiari di Filippo di Thaun (sec. XII) e del chierico Guglielmo (sec. XIII), e altrove, è riferita una credenza secondo la quale l’aquila, quando è vecchia, sale verso il sole, e ne’ suoi raggi quasi s’abbrucia, poi va in Oriente, s’immerge nell’acqua di certa fontana, e insieme con la giovinezza riacquista il vigore perduto.
Questa fontana benedetta fu anche fatta sgorgare nel Paese di Cuccagna e nel paese del Prete Gianni.
Nella lettera a Emanuele, imperatore d’Oriente, lettera che andò soggetta a tante interpolazioni, il Prete Gianni dice che in un suo palazzo, il quale vince di magnificenza tutti gli altri palazzi del mondo, «scaturisce una fonte che non ha l’eguale per fragranza e per sapore, e che non esce da quelle mura, ma corre da uno a un altro angolo del palazzo, e scende sotterra, e correndo quivi in contraria direzione, ritorna là d’onde è nata, a quella guisa che torna il sole da Oriente ad Occidente. L’acqua ha il sapore di quella cosa che colui che la gusta può desiderare di mangiare o di bere, ed empie di tanta fragranza il palazzo come se ci si manipolassero tutte le sorta di balsami, di aromi e di unguenti».
Chi la beve con certo modo e regola campa più di trecent’anni, serbandosi sempre in età giovanissima.
In pieno secolo XVI la fontana di vita o di giovinezza faceva ancora sognare più d’uno. Luca Cranach si contentava di torla a soggetto di un suo dipinto, e Giovanni Sachs di una poetica fantasia; ma Ponce de Leon, lo scopritore della Florida (1512), mosse appositamente con due navi per cercarla nell’isola di Bimini, dove credeva che essa scaturisse.
Altri pure ebbe sì fatti sogni, e trovò, sembra, chi lo mise in canzone.
La fantasia degli uomini del Medioevo non si appagò del resto della fontana di vita o di giovinezza, ma più altre cose venne immaginando provvedute di quelle stesse virtù. In molti racconti si parla di un’erba che ridà la vita. Nella continuazione dell’Huon de Bordeaux si parla di pomi del Paradiso terrestre che fanno ringiovanire; e Ugone ne dà a mangiare anche al sultano di Tauride.
Gervasio da Tilbury dice che i frutti degli Alberi della Luna e del Sole, alberi che diedero responso ad Alessandro Magno, facevano vivere quei sacerdoti quattrocent’anni; e Uggieri il Danese ebbe a mangiarne.
Del Santo Graal fu detto che avesse, tra le altre virtù, anche quella di ringiovanire i vecchi e risuscitare la Fenice; e del pastorale di San Patrizio la leggenda narra che conservava la gioventù e la bellezza.
Virtù consimili furono attribuite a molte altre cose.
L’anello che Morgana dà ad Uggieri il Danese lo restituisce e lo serba in età di trent’anni, sebbene egli ne abbia più di cento; il cavallo bianco del re Thiermana-Oge, nel paese di gioventù, ha, secondo la leggenda irlandese, tal qualità, che ci vi monta su riacquista immediatamente la più florida giovinezza, ma, come ne smonta, subito la perde.
(Graf, Miti, Leggende e Superstizioni del Medio Evo)