Sumeri – La perdita del pukku e del mikkû

Gilgamesh-Enkidu-pukku

Suonando e cantando, Gilgameš va fino alla pubblica piazza.
I giovani gli danzano intorno al suono del pukku:
«Oh, la mia testa! Oh, i miei fianchi!», si lamentano […]

A sera, egli fece un segno là dove aveva posto il pukku,
sollevò il suo pukku davanti a sé e lo portò in casa.
All’alba, là dove aveva fatto il segno […]

per il pianto delle vedove,
per il lamento delle fanciulle,
il suo pukku e il suo mikkû caddero giù negli Inferi:
egli allungò la mano, ma non riuscì ad afferrarli,
allungò il piede, ma non poté raggiungerli.
Sulla soglia degli Inferi, alla porta Ganzir,
il pukku e il mikkû si erano depositati.

Gilgameš versò lacrime e pianse amaramente:
«Oh, il mio pukku! Oh, il mio mikkû!
Il mio pukku, del cui suono non mi sono saziato:
avrei voluto continuare ancora a danzare!
Oh, avessi io oggi lasciato il pukku nella casa del carpentiere!
L’avessi lasciato là, con la moglie del carpentiere,
che era per me come la madre che mi portò in grembo!
L’avessi lasciato con la figlia del carpentiere che era per me
la mia sorella minore! Ahi, il pukku mi è caduto agli Inferi!
Chi me lo riporterà indietro? Ahi, il mikkû mi è caduto agli Inferi!
Chi me lo restituirà?».

Gilgamesh-Enkidu-statue

Enkidu, il suo servo, così gli parla: «Mio signore,
perché piangi? Perché il tuo cuore è triste?
Oggi stesso andrò agli Inferi a riprendere il pukku e il mikkû!».
E a lui Gilgameš: «Se vuoi scendere agli Inferi,
ascolta il mio consiglio, fa’ attenzione alle mie parole:
non indossare una veste, altrimenti i morti sapranno
che sei uno straniero. Non spalmarti di unguenti,
altrimenti attratti dal tuo profumo ti verranno attorno!
Non gettare agli Inferi il boomerang, altrimenti
quelli che ne saranno colpiti ti circonderanno!
Non impugnare uno scettro nelle tue mani,
altrimenti davanti a te tremeranno gli spiriti!
Non calzare sandali, ché agli Inferi non va fatto rumore!
Tua moglie, se l’hai amata, non la devi baciare!
Tua moglie, se l’hai odiata, non la devi picchiare!
Altrimenti resterai imprigionato laggiù» […]

Ma Enkidu non ascoltò il consiglio del suo signore:
indossò una veste e fu riconosciuto per straniero,
si spalmò addosso l’unguento e fu annusato,
gettò agli Inferi il boomerang e fu circondato,
impugnò uno scettro e intimorì gli spiriti,
calzò i sandali e fece rumore agli Inferi,
baciò l’amata e picchiò l’odiata, e perciò
agli Inferi restò imprigionato […]
… e allorché tentò di risalire dagli Inferi,
ahimé laggiù fu trattenuto.

Allora Gilgameš si mise in viaggio e andò da Enlil:
«Padre Enlil, oggi il pukku mi è caduto agli Inferi!
Ahimé, oggi il mikkû mi è caduto agli Inferi!
Enkidu che era andato a riprenderli è trattenuto laggiù».

Il padre Enlil non gli diede ascolto e Gilgameš andò
dalla Luna: «Padre Luna, il pukku mi è caduto agli Inferi!
Ahimé, oggi il mikkû mi è caduto agli Inferi!
Enkidu che era andato a riprenderli è trattenuto laggiù».

Il padre Luna non gli diede ascolto. Così egli andò a Eridu,
verso Eridu, dimora di Enki, diresse i suoi passi
e, quando fu al suo cospetto, così si lamentò:
«Padre Enki, oggi il pukku mi è caduto agli Inferi!
Ahimé, oggi il mikkû mi è caduto agli Inferi!
Enkidu che era andato a riprenderli è trattenuto laggiù».

Il padre Ea gli diede ascolto e si rivolse a Nergal:
«Nergal, eroe eccelso, vorresti tu aprire una finestra
negli Inferi, affinché Enkidu ne possa uscire?».
Nergal, l’eroe eccelso, obbedì e, appena negli Inferi
aprì una finestra, come folata di vento, Enkidu ne uscì.

Allora essi fecero per abbracciarsi, ma non ci riuscirono;
sospirando conversarono: «Dimmi, amico mio,
dimmi gli ordinamenti degli Inferi che hai visto».
«Quel che ho visto non te lo posso dire, amico mio,
ché se te lo dicessi, ti butteresti giù e piangeresti».
«Io sono disposto a buttarmi giù e a piangere».
«Il mio corpo che tu potevi toccare e di cui gioivi,
come un vecchio vestito è mangiato dai vermi.
Ora non è che polvere sulla via». Si buttò giù,
e si disperò allora e pianse l’amico Gilgameš.