C’è una strana leggenda intorno all’albero della vita.
Si narra che mille anni dopo il peccato dei primi genitori, Dio lo trapiantò nell’orto di Abramo, e che una figlia di Abramo ingravidò respirando il profumo dei fiori di quell’albero, e diede alla luce un fanciullo che si chiamò poi Fanuele; e che costui, avendo forbito sulla propria coscia il coltello con cui aveva tagliato uno dei frutti dell’albero, vide la coscia gonfiarsi e mettere al mondo a tempo debito una bambina che poi fu sant’Anna, madre della Vergine Maria.
(Graf, Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo)
Se Amore ha un futuro, lo saprà solo l’amante che l’amerà anche quando verrà a mancare!
La Notte sarà nera e bianca.
Può uno che sta andando a impiccarsi, lasciare scritto questo strano testamento?
Eppure è così: Nerval lasciò scritto – la Notte «sarà» nera e bianca.
Capisci? – il moribondo (volontario) lasciò detto in testamento: « … sarà …».
Il moribondo usò il verbo al «futuro»! Il resto (notte, nera, bianca) era solo la tintura necessaria a dare corpo a una contraddizione irriducibile al silenzio, a una voglia di dire benché non avesse niente (più) da dire – nient’altro che il diritto a pretendere futuro per Colui che stava per venire a mancare, a Lui stesso innanzitutto.

Era solo questione di ore: gli stava per venire a mancare l’albero della vita.
Sappiamo benissimo, tutti, perché.
Perché Nerval s’era distratto a fare certi pensieri, e pensando un suo pensiero aveva assaggiato il frutto di una conoscenza proibita. Il Poeta aveva pensato di voler conoscere gli dèi, i Folli in persona, i suoi Fantasmi faccia a faccia. Ed era andato a conoscerli a casa loro. Era entrato nella loro Casa dei Canti, e s’era avventurato fin dentro il loro Paradiso di Delizie, per immolarsi nel «folle volo» della loro Parola Insensata e (perciò) Immortale.
È per tenerli lontani gli dèi, non per conoscerli – e tanto meno di persona – che noialtri rendiamo ad essi lodi, onori e sacrifici. Li preghiamo di non venire a farci visita: che se ne stiano beati sul loro Olimpo, e ci lascino vivere in santa pace.
E invece … ecco che, invece, il Poeta – come fingendosi per quell’attore che realmente era, quasi stesse recitando davvero, su un palcoscenico, in assetto di derviscio, l’ultima scena dell’ultimo Dramma della sua impotenza a dare senso alla Parola divina che l’aveva invasato, ecco che mentre s’incammina per andarsi a impiccare a un lampione in via della Vecchia lanterna, trova (o crede di trovare) in fondo alla sua vita la parola con cui trionfare sui suoi Demoni.
Sarà.
Futuro d’Amore – quando amore mi mancherà.
Parola folle, quando la Follia si pentirà d’avermi saccheggiato la mente.
Non importa. L’importante è che «sarà».
L’importante è capire, sia pure in extremis, che immortale è l’Albero della vita e non quello della Conoscenza.
Che la Vita è, che solo la Vita è.
Che altro c’è da conoscere?
C’è solo da vivere.
La Vita sarà, solo la Vita vivrà – e non ci sarà conoscenza che non sia per distrarsi da questa insensata evidenza.
Ai nostri genitori questa evidenza sfuggì, ma dio la trapiantò nel giardino di Abramo. Tra i fiori immaginali della mente di Abramo, spuntò un giorno l’idea … macché, era solo un profumo.
Il profumo di una leggenda, la leggenda di un Libro di cui noi siamo le cifre e le lettere, i conti e i racconti.
Perciò noialtri, della Vita, non ne sappiamo niente.
Sappiamo solo che essa vive.
Lo sappiamo solo in fondo alla via della Vecchia Lanterna.
L’albero della vita sarà comunque.
(Aiguesmortes, Quaderni)