Anche se non ci è possibile ricostruire la storia del significato del fabbro nello sciamanesimo asiatico e, in particolare, del fabbro celeste, legittimo erede del divino αρχιτέκτων del cosmo, diversi rappresentanti di questa categoria, che noi chiamiamo del Deus faber, hanno ancora entrambe le funzioni, essendo nel contempo architetti e fabbri: tali sono ad esempio l’Efesto greco, che costruisce le dimore stellate degli dèi e forgia capolavori d’arte, e il Kôthar-e-Khasis di Râs Šamra, che costruisce il palazzo di Ba’al e forgia pure lui capolavori.
Gli Yacuti affermano: «Fabbro e sciamano provengono dallo stesso nido», e aggiungono: «Il fabbro è fratello maggiore dello sciamano», il che si adatterebbe anche a Väinämöinen in coppia con Ilmarinen, il quale si dice abbia «forgiato a colpi di martello il tetto del cielo». Come sappiamo, fu il fabbro primordiale a costruire il Sampo e a forgiare cielo e astri in Estonia.
Non è un capriccio ozioso il fatto che il rappresentante del fabbro celeste, il re, sia sovente chiamato «Fabbro». Gengiz Khân aveva il titolo di «Fabbro» e lo stendardo dell’Impero Persiano era lo stilizzato grembiule di cuoio del fabbro Kâwê.
I mitici Imperatori cinesi Huang-di e Yu sono così inequivocabilmente fabbri che Marcel Granet ha tratto da questo fatto tutta una serie di conclusioni storico-sociologiche, dimenticando nel frattempo che Huang-di, l’Imperatore Giallo, viene riconosciuto come Saturno.
Inoltre, come gli shâh persiani festeggiavano il giubileo del loro regno dopo aver regnato per trent’anni, che sono la rivoluzione di Saturno, anche il Faraone egizio celebrava il proprio giubileo dopo trent’anni, fedele all’«inventore» di questa festa, il dio Ptah, il quale è appunto il Saturno egiziano e anche Deus faber.
È stato necessario penetrare a fondo nell’argomento ex abrupto, sottolineando questi pochi dati scelti, perché altrimenti quei divertenti runot finlandesi, dall’aspetto così innocenti, non verrebbero visti per quel che sono: frammenti assai malconci di un «coperchio» che già fu intatto e «variopinto».
Purché si tenga presente l’ambiente dello sciamanesimo, non c’è nulla di male nel chiamare Väinämöinen uno «sciamano»; anzi, la constatazione che Väinämöinen ha abbandonato il tamburo, l’unico strumento dei suoi cugini lapponi, ci permette di vedere più a fondo: egli ha creato la cetra e ciò significa che in lui si deve ravvisare l’Orfeo del nord. […]
Dato il notevole successo avuto dal cristianesimo nel distruggere le vecchie tradizioni, le sopravvivenze altaiche e siberiane sono spesso in condizioni assai migliori dei runot finlandesi, ma anche i lapponi parlano ancora di Waralden olmay, «l’Uomo-Mondo», il che equivale a Saturno. Non mancano neppure Giove e Marte: il primo ha nome Hora Galles (Thorkarl), il secondo Bieka Galles, l’«Uomo-Vento». […]
Non ha nessuna importanza se alcuni brani o l’intera tradizione cosmologica siano giunti alle popolazioni uralo-altaiche in epoca tarda o no, vale a dire, se il manicheismo ebbe a che fare o no con la loro diffusione. I manichei rilevarono in blocco le antiche tradizioni limitandosi a cambiarne i segni, secondo la norma di ogni sistema gnostico.
Gli gnostici non sono mai stati degli innovatori. Il nome stesso, derivato dalla loro parola-chiave, svela il disegno: γνώσις τής οδού = conoscenza della via. E la «Via» che si doveva imparare a memoria è quella che conduce «fuori e in alto» attraverso le sfere dei pianeti, oltre le minacciose «torri di guardia» dello zodiaco, fino alla desiata Luce senza tempo al di là della sfera delle stelle fisse, sopra la Polare: al di là e al di sopra di ogni cosa, dove risiede eternamente l’άγνωστος θεός, il dio ignoto.
Questa «Via» non è esattamente la stessa per ognuno, e anche le strade maestre più ampie non sono eterne; il principio però rimane immutato. Lo sciamano viaggia attraverso i cieli proprio come faceva il Faraone, munito del Testo della piramide o Testo del sarcofago che costituiva la sua indispensabile tabella di marcia e conteneva gli indirizzi stabiliti di tutti gli esseri celesti che avrebbe presumibilmente incontrato.
Il Faraone confidava nel proprio testo particolare come i morti meno insigni confidavano nella loro copia del Libro dei morti; al pari dello sciamano, egli era pronto a trasformarsi nel serpente Sata, in un millepiedi o nelle sembianze delle varie «stazioni» celesti per le quali si doveva passare, e a recitare le formule che servivano a vincere gli esseri ostili. […]
Se i runot finlandesi e le leggende altaiche hanno un aspetto tutto sommato innocente, lo stesso vale per le tradizioni popolari della maggioranza dei paesi europei, compresa la Grecia. Ma qui, almeno, vi sono altre tradizioni, meno note, che hanno conservato più tracce dell’antica severità di spirito e di stile.
Così l’inno orfico a Kronos (il tredicesimo) si rivolge al dio con le parole «Padre degli dèi beati nonché degli uomini, o tu dai mutevoli intenti, […] forte Titano che tutto divori e di nuovo generi [letteralmente: «che tutto consumi e accresci tu stesso in senso contrario»], tu che tieni il vincolo infrangibile secondo l’ordinamento illimitato di Aion, Kronos padre di tutto, Kronos scaltro, figlio di Gaia e di Urano stellato […] venerabile Prometeo».
Espressioni simili fanno bruscamente deviare l’informazione dai suoi schemi consueti e mostrano come i veri cervelli professionisti della mitologia antica elaborassero i loro teoremi. L’unico epiteto tradizionale è «figlio di Urano e di Gaia».
Kronos viene detto Titano perché il termine «Dio» appartiene propriamente solo alla generazione olimpia, mentre l’impero di Saturno, non è di «questo mondo», così come non lo è quello degli Asura indiani e di Varuna, re dell’aureo Krta-Yuga.
Questa formula compare ancora nella Kaiser-Sage medioevale: alla fine del regno di Thidrek (Teodorico), quando ormai sono rimasti soltanto cadaveri, appare un nano che chiede al re di seguirlo: «il tuo impero non è più in questo mondo».
Più enigmatico è il fatto che Kronos «è» anche l’altro famoso Titano, Prometeo, l’altro avversario degli «dèi», l’Accenditore del Fuoco. Kronos «è» molti altri personaggi ancora, ma ci vorrà del tempo prima di chiarire tutto questo. […]
«Tu che tieni il vincolo infrangibile …»: anche il Ninurta assiro tiene «il vincolo del cielo e della terra»; c’è poi un’invocazione magica che si rivolge a Kronos come «fondatore del mondo in cui viviamo».
Tuttavia, queste parole sono insufficienti e ambigue: non solo vi è in genere imprecisione nelle traduzioni, ma è probabile che, in questi nostri tempi di accelerata decadenza del linguaggio, anche il lettore animato dalle migliori intenzioni arrivi a trascurare parole come «vincolo» e «fondare». Se egli invece leggesse «scala metrica» e «misurare la superficie», – una fondazione divina è sempre un τέμενος [uno spazio sacro] – reagirebbe prontamente in modo diverso.
Kronos-Saturno è stato ed è tuttora colui che possiede la «scala metrica», colui che fornisce le misure, di continuo, perché egli è «l’originatore dei tempi», come dice Macrobio […].
A parte anche la notizia plutarchea secondo la quale Kronos, addormentato nella grotta d’oro a Ogigia, sogna ciò che Zeus va premeditando, vi è un frammento orfico di portata ancor maggiore, preservato nel commento di Proclo al Cratilo di Platone.
Data la delicatezza del testo orfico, citiamo solamente alcune frasi: «Il sommo Kronos dà dall’alto i princìpi di intelligibilità al Demiurgo [Zeus] e presiede all’intera creazione (δημιουργία): è perciò che Zeus lo chiama δαίμων secondo Orfeo, dicendo: “Suscita la nostra stirpe, o illustre δαίμων!”. E Kronos pare abbia in sé le più alte cause di congiunzioni e di separazioni […] egli è diventato la causa della continuazione di generazione e propagazione nonché il capo dell’intera stirpe dei Titani da cui ha origine la divisione degli esseri». […]
Saturno dà veramente le misure: è questo il punto essenziale.
Come possiamo riconciliare ciò con Saturno il Primo Re, il sovrano dell’Età dell’oro ora addormentato ai confini esterni del mondo?
Per il momento è essenziale riconoscere che, si tratti del Saturno mesopotamico Enki/Ea ovvero dell’egizio Ptah, egli è il «Signore delle misure» (denominate me in sumerico, parsu in accadico, maat in egiziano).
Lo stesso vale per Sua Maestà l’Imperatore Giallo della Cina (giallo perché l’elemento terra appartiene a Saturno): «Huang-di stabilì ovunque l’ordine per il sole, la luna e le stelle».
(Santillana-von Dechend, Il mulino di Amleto)