Scusa, ma se a Inanna strapparono tutte le vesti quando scese all’inferno, perché i demoni dovrebbero fare uno sconto a Rousseau? – dico Rousseau, solo perché è l’ultimo «anacoreta» che ci è capitato sotto mano. L’ultimo di una lista di Solitari, Eremiti, e dunque Narcisi – che «si disgiungono» dalla Gente, dal conformismo della Chiacchiera, dagli amici e dai parenti, dai luoghi comuni e dalle piazze alla Moda, per ritirarsi in esilio volontario o coatto in una Tana – nel cui «arredo» è necessario solo che non manchi uno specchio o comunque una «superficie» su cui poter speculare.
Freud dice una santa cosa. Non la dice espressamente a proposito di un santo come il nostro Rousseau o sant’Antonio, ma è come se fosse.
La cosa che dice è santa, perché «sanziona» ormai definitivamente la sua rottura con Jung – e perché, insieme, «santifica» la sua teoria della libido.

La questione è: il Santo, l’eremita, il solitario, l’anacoreta ha ancora una relazione «erotica» col Mondo? insomma: Narciso è vivo ancora, o è defunto? Quel tuffo che l’annega nella sua immagine, chiude davvero per sempre la sua avventura? O c’è dell’altro? Un «oltre» in cui Narciso morto tiene ancora in vita col suo auto-sacrificio l’Immagine che l’ha stregato, o almeno un suo straccio simbolico?
Lei, la Sola, Unica Autentica narcisistica – è l’Immagine «bramata», la Paga di sé, l’Autosufficiente, a cui Narciso ahimé non manca mai. È Lei semmai che continua a mancare, a quest’altro narciso che è, ormai, soltanto un fiore, un fiore qualunque sbocciato sulla riva di un certo fiume, di un certo flusso di desiderio, chissà come e quando.
Sappiamo come Jung se la sbriga.
Dice: tutta la sua libido, tutta la sua sessualità, il Monaco se l’è «introvertita», ha staccato cioè la spina dalla presa di corrente, se l’è svignata dalla Realtà, adesso – dice Jung – il Monaco è asessuato.
Come? Rousseau, il viandante solitario, non ha più desideri? e l’alchimista, immagino uno Strindberg «fuori di testa», tutto solo tra i suoi alambicchi «artificiali», è in preda a puri schizzi di demenza infantile senza anelare a nessuna soddisfazione, neanche simbolica, della sua libido? La «santità» non ha proprio più nulla a che vedere col Sesso? Ma sarà poi così vero come si dice – che gli Angeli non hanno sesso?
I conti non mi tornano – dice, dal canto suo, Freud.
È possibilissimo che l’anacoreta, pur avendo completamente distolto il suo interesse sessuale dagli esseri umani e avendolo sublimato in un accresciuto interesse per ciò che è divino, naturale o appartenente al mondo degli animali, non sia tuttavia incorso in un’introversione della libido sulle proprie fantasie o in un ritorno della libido sul proprio Io.
(Freud, Introduzione al narcisismo)
Freud dice: c’è un’altra possibilità. È possibile che l’anacoreta, la sua libido, l’abbia spostata da «oggetti» in carne e ossa a «oggetti» simbolici. Che l’abbia tradotta in un’altra lingua dove essa magari suona «digiuno e astinenza», ma non già «indifferenza» all’Argomento libidinoso.
Traduco: a sant’Antonio le femmine gli piacciono ancora, solo però non quelle in carne e ossa, non quelle volgarmente dette «reali» (che a lui gli vanno strette o gli fanno male), ma quelle scolpite, dipinte, fotografate o anche solo scritte, cifrate, alluse e metaforizzate di quel tanto che basta a intrecciarne un filo – quel filo sottile che ancora lo tiene legato al Mondo dei Grandi. Per quanto sia regredito nella sua infanzia, l’Eremita si tiene ancora in contatto con la Realtà Umana – con quel Mondo Simbolico che è assai più «reale» di ogni realtà in carne e ossa, con quel Simulacro che è assai più potente di ogni Immagine, ormai.
E non per colpa dell’Eremita – sebbene l’Eremita debba pagarne il prezzo.
Non è colpa di Dante o di Rousseau se, dall’avvento della Moltitudine, i bambini diventano grandi lasciandosi alle spalle o sotto i piedi il Reale Passato, il Reale Immaginato – per essere iniziati alla Parola Simbolica, ormai fondamento di ogni Realtà Umana: per essere carnalmente immolati alla Legge Simbolica, uno per uno «castrati» della propria Beatrice o Arianna, e scaraventati in una caverna a essere circoncisi del proprio Desiderio.

Non è colpa di Narciso, se Narciso non vede gli inferni e i paradisi che stanno tra lui e la sua Immagine. È colpa semmai dei Dottori che «curano» Narciso, e non la Legge della Foresta che impera tra lui e il suo immaginario.
Narciso non le vede, ma tra lui e la sua Immagine ci sono le parole di Eco, c’è l’Inconscio del Racconto Umano, c’è l’inciucio della Piazza, c’è l’Es, c’è il mormorio della Gente in agguato.
Narciso l’ha respinta, ma Eco gli parla lo stesso all’orecchio. Gli parla la Voce, essa stessa «escissa» al suo Corpo. Gli parla l’Invisibile, il Simbolismo Umano (capisci, Dick? la stazione sta al trenino, come la Mamma a te).
Tra Narciso e la sua Immagine non c’è il Vuoto – non c’è, come lui crede, nessuno. Narciso si sbaglia: tra lui e la sua Immagine c’è Nessuno.
E questo Nessuno ha già arrovellato la punta del palo sul fuoco e sta per infilargliela in quell’occhio Malandrino. Perché Narciso più non guardi in faccia alla Realtà, ma solo attraverso il Parto Doloroso di un Figlio simbolico.
Tra Narciso e la sua Immagine – tra l’ego e l’oggetto del suo cogito o del suo voglio – Narciso non lo sa, ma ci sono le società, gli imperi, le schiavitù, le stragi e le guerre, ma anche le passioni d’amore, le pietà, le gioie e le illusioni – c’è tutta la Storia Umana. C’è tutto un mondo, molti mondi ci sono tra lui e lei.
In questo inferno, dice Freud, può anche succedere che uno perde la testa e ricade nella sua infanzia asessuata (posto che ci sia una libido non libidinosa). Può succedere che si spezza il filo di Arianna. Ma questo non è il caso del Santo – dell’anacoreta, dello scriba solitario, del Passeggiatore Rousseau.
A Rousseau è venuto soltanto lo schifo degli uomini.
Gli è venuto – non malgrado, ma perché amava l’Uomo. Non avesse amato questo straccio simbolico, se ne sarebbe andato – muto, per una qualche tangente – dritto nei pascoli di Manitù.
E non ci avrebbe detto o scritto più niente.
Ma quale introvertito vai cercando, mio caro Jung?
L’introvertito è caduto a precipizio nella Realtà – e quanto più reale la ritrova, tanto più lontano da noi, dal Paese simbolico, dal Reame dei crittogrammi, dimora. Irraggiungibile. Ma, tanto, lui s’è rassegnato. Non ha più niente da dire. Niente da spartire con noi.
L’anacoreta no. Esule volontario o coatto, il Santo continua a santificare la sua narcisistica Nevrosi. Continua a desiderarla – benché da un pezzo Beatrice sia morta al mondo. Continua a deificarla la sua Autosufficiente. Continua a rispondere presente all’Appello di Desiderio – benché al Poeta giunga da un’infanzia ormai lontana.
Così presente da estroverterlo – da pubblicarlo e metterlo in piazza.
Sta tutta qui la differenza tra il Nevrotico e il Pazzo scatenato? Non tutta, ma una buona parte, forse sì.
Perciò, dico che Freud ha detto una santa cosa.