Schneider – La melodia e l’ombra

Nella filosofia primitiva della Natura simpatia e antipatia, calma e ira, nascita e morte, avarizia e prodigalità, insomma: i valori psicologici regolano la successione di tutti i fenomeni del cosmo.
Essendo il cosmo una unità indissolubile, queste leggi della Natura non possono lasciare indifferente l’essere umano, dato che l’uomo non solo è parte integrante di questa unità, ma lui solo sulla terra possiede la facoltà di poter imitare direttamente o indirettamente un gran numero di ritmi altrui e di ritmi fondamentali della Natura.

Orbene, imitare è identificarsi, nel più alto grado possibile, con l’oggetto imitato e, fino a un certo punto, conoscere le sue leggi ultime, cioè dominare l’oggetto copiato.
Per questo, tale concezione dinamica del cosmo è, forzosamente, al tempo stesso filosofia, religione e scienza applicata.
Con questo si arriva alla magia.

roncador
(roncador per «chiamare» la pioggia)

Se la pioggia cade dopo che essa ha udito la voce adirata del tuono, basta far risuonare la voce adirata del roncador (zumbadera: un pezzo di legno a forma di fuso legato a una corda), il cui suono è assai simile al tuono, per mettere la pioggia ai suoi ordini (ragionamento per analogia).
Lo stesso ragionamento si nota in relazione agli animali.
Per impadronirsi del suo oggetto di caccia, il cacciatore può far udire all’animale un bramito o la voce lamentosa di qualche altro animale caduto in una trappola (e che potrebbe essere una facile preda), o il grido del suo peggiore nemico. Con questo il cacciatore attira la sua preda, ne diminuisce la prudenza o la spaventa.

Come diceva un negro Agni, chiamato Qasi, «il mezzo più sicuro, ma anche più pericoloso, è avventurarsi ad imitare la voce dello spirito dell’animale. Allora questi vede se stesso, specialmente il proprio naso, come se fosse vicino all’acqua, e non può trattenersi …».
Successivamente, Qasi si spiegò con maggiori particolari: questo accade perché ogni anima vivente si comporta di due parti, una mortale, l’altra immortale. Lo spirito di un uomo vivo è un’ombra che cambia di posto e di grandezza secondo la posizione del corpo in relazione alla luce del sole.
Questo spirito può anche essere un’immagine che esce dall’acqua cantando tristemente, quando uno si siede molto vicino a un fiume …

«Bisogna fare molto attenzione, perché col suo canto questo spirito, nell’acqua, attira sempre il tuo corpo a sé. Ma nemmeno si può prescindere dall’acqua, perché senza di essa non potremmo vivere. È necessario ascoltare la voce dello spirito dell’acqua, di tanto in tanto, affinché non si adiri, dato che, in caso contrario, la sua risonanza ci torturerebbe giorno e notte. Ma chi lo ascolta troppo diventa triste e muore».

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Nel corso di queste e altre conversazioni si delineò la seguente rappresentazione: bisogna distinguere nell’uomo due o tre parti, un corpo mortale e un’anima che contiene una parte mortale e una parte immortale.
Per quanto è visibile in questo mondo, l’anima umana si presenta alla luce del sole come un’ombra e si percepisce nell’acqua come l’immagine sonora del corpo.
Quest’anima vive a volte in una relazione assai tesa dal corpo dal quale sembra emanare durante la vita terrena. L’acqua e il sole (l’immagine sonora e l’ombra) sono indispensabili per vivere, ma ambedue nella loro forma estrema conducono anche alla morte, grazie alla forza di attrazione che questi elementi esercitano sugli uomini.

In quanto sono indispensabili, l’acqua e il sole attraggono l’essere umano e, secondo la stessa legge, lo alimentano e lo uccidono.
Per questo l’immagine sonora nell’acqua, che è un’auto-visione diffusa dell’anima, «canta sempre una melodia dell’altro mondo». Quanto più si ascoltano i tristi accenti di questa melodia e quanto più l’immagine dell’anima si disegna nello specchio dell’acqua, tanto più aumenta la forza di attrazione di quest’immagine nell’acqua.

I due fattori nei quali si manifesta l’anima (la melodia nell’acqua e l’immagine-ombra proiettata sul terreno) sono valori coordinati, ma con termini quasi opposti.
La melodia dell’acqua è l’analogo acustico della forma visiva (ombra) dell’anima proiettata sulla terra. Ma questi due piani – melodia e ombra – hanno una qualità interiore differente.

La melodia non solo è un piano parallelo all’ombra, ma un piano superiore e, inoltre, la vita stessa dell’ombra. La melodia dell’acqua riflette la parte immortale, l’ombra la parte mortale dell’anima.
Potrebbe accadere anche che la melodia e l’ombra si pongano in relazione come tesi e antitesi e che gli elementi – acqua e ombra – nei quali si manifesta l’anima, corrispondano alla luna e al sole.

ombra-notturnaAumenta la forza e l’intensità della melodia nella misura in cui l’ombra diventa più sottile. Quanto più vibra questa melodia, tanto più il corpo e la parte mortale dell’anima (l’ombra) diventano soltanto dei riflessi della melodia della parte immortale dell’anima. Questo si nota già «nell’ombra più sottile proiettata dal corpo di un anziano».
Di conseguenza, la melodia interiore dell’essere umano, cioè la parte immortale, che nella fioritura della vita si percepisce solo come una debole risonanza (mentre l’ombra è molto forte), nelle ore mistiche dell’uomo diventa il principio dominante.

Riassumendo, la parte immortale dell’anima è la forma sonora e il ritmo essenziale e imperituro dell’uomo.
In questa vita la parte mortale dell’anima è l’ombra e, per così dire, il «doppio» del corpo. Per questo, durante la vita terrena si può percepire sia l’anima che il corpo, mentre i morti, in principio, si possono avvertire per mezzo dell’ombra e, più tardi, soltanto sul piano acustico che è il piano «più fine».

In principio, il morto si separa difficilmente dal suo corpo, perché la sua ombra «che si estingue soltanto poco a poco» continua a legarlo alla vita.
Per questo è necessario cantare e suonare i tamburi in onore del morto, «per facilitargli» il passaggio al mondo acustico puro.
Si raccomanda anche di presentargli spesso «un corpo umano, specialmente quello del mago medico, e di cantargli le sue proprie canzoni o quelle da lui preferite, finché continua ad essere un’ombra, in modo che possa eseguire i suoi balli macabri», fino a che non sia passato ad essere uno spirito puro.

Secondo quanto dice Qasi, la melodia mormorata dall’immagine nell’acqua è un canto molto semplice, breve, dolce, sempre triste e monotono. Si ripete costantemente nella stessa forma, ma sempre aumenta la sua intensità.
Questa melodia può essere «un canto individuale di medicina; generalmente si limita a un suono molto prolungato». Questo canto cambia di timbro, ritmo e altezza secondo l’individuo.

Dato che, se si avvicina il volto all’acqua, si vede per prima cosa il naso, il timbro «che stabilisce meglio il ponte fra la parte mortale e quella immortale dell’uomo, è il timbro con voce nasale».
Si raggiunge il punto culminante quando una persona ode la propria melodia, cioè la melodia della sua stessa anima, ma non cantata da essa stessa, bensì emessa da qualche cosa o da qualcuno «che sta fuori dal corpo fisico di questa persona» a cui appartiene quella melodia.

Nessuno può sfuggire al dettato imperioso di questa voce.
Quando un essere vivente si trova di fronte a quell’appello della propria anima esteriorizzata, l’attrazione è fatale.
È l’ora della morte.
«Per questo è molto pericoloso andare di notte vicino all’acqua», perché durante la notte l’acqua «canta sempre intensamente la nostra ombra».
Gli dèi stessi non possono resistere alla chiamata della loro voce nello spazio, quando questa si trova fuori dei loro corpi.
Nella Nuova Guinea basta suonare il flauto del dio Brag perché questo dio, sentendo risuonare la propria voce sulla terra, penetri subito in questo flauto.

(Schneider, Gli animali simbolici)