- Ulisse/Odisseo e i suoi dodici compagni nell’antro di Polifemo
- Biancaneve, tutta sola, nella casa dei sette nani
I due «casi» potrebbero essere archiviati entrambi alla voce: Visita a un luogo che (a sorpresa!) si rivela essere «sproporzionato» ai suoi Visitatori.
Basta un colpo d’occhio per capire che Polifemo è «troppo grande» per Odisseo, e che i Sette Nani sono «troppo piccoli» per Biancaneve.
In entrambi i casi, l’occhio si trova a fare i conti con una dismisura, ora per eccesso ora per difetto. Si trova a misurare il Grande-e-Piccolo, avrebbe detto Platone. Si trova a numerare e denominare una Frazione: a dare i numeri (il plurale) di una Grandezza, o a dare il nome unitario (il singolare) a un Molteplice.
12 / Polifemo ::: Biancaneve / 7
Ulisse/Odisseo è il Tredicesimo (che «acceca» Polifemo)
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Biancaneve è l’Ottava (l’Unità delle Sette Note o Punti-Luce)
Se non s’è ancora capito, stiamo pazziando con la Diade – col «minimo numero», come Aristotele chiama questo primitivo approccio del nostro occhio al Reame delle Grandezze.
E dico «primitivo» perché l’occhio in questione, l’occhio che nei nostri due casi è «colpito» dall’impatto con la dismisura – è quello del bambino che si trova a esplorare il Mondo Umano, e che è costretto a doversi misurare coi Grandi, ma anche a fare lui il Grande coi «pezzi» del suo corpo.
La Diade, il «minimo numero», il fondamento algebrico della nostra struttura mentale, la chiave delle nostre più acerbe ermeneutiche infantili, quella che anticamente girammo nella serratura del mondo per aprirci alla Relazione con l’Altro – puoi cercarla nel Libro dei Filosofi, o domandarla al Professore di Matematica: essi sì che sanno come «funziona», ma forse non sono i soli a saperlo. Sono semmai i soli a cui noi diamo credito di saperlo, quando non crediamo di saperlo già pure noi – senza che nessuno ce lo spieghi.
Quella chiave l’abbiamo dovuta, per forza!, saperla girare anche noi, almeno una volta, almeno con una delle due mani – sennò, non saremmo diventati uomini. Staremmo ancora là, dispersi nel nostro autismo.
La Diade non è che la Prima Frazione, quella per intenderci che Narciso fa tra sé e la sua immagine riflessa.
Io/tu ::: Tu/io
Si dice, perciò, che io e tu «sorgono insieme».
Il Racconto conferma: sono «fratelli gemelli» e si confondono, sono l’uno il Sosia dell’altro. Troppo simili per non essere aleatori.
Il Racconto conferma: anche quando non sono «gemelli», può succedere, e hai voglia se succede!, che uno dei due fa il furbo e si traveste in modo da spacciarsi per l’Altro. Di più: il Racconto dice che, se la furbizia non basta, Caino arriva addirittura ad ammazzare Abele! E allora sono guai, e per rimediare ci vuole un «terzo fratello».
Ma, per restare a due, al «minimo numero» d’ogni Relazione, per restare a «io e tu», a Narciso e la sua immagine, in principio, a sdoppiarli, non c’è che la loro «differenza di posizione»: Narciso è sopra, e la sua Immagine sotto. E di lassù Narciso «numera», mentre di sotto l’Immagine «nomina»:
sopra / sotto ::: numeratore / denominatore
Che cosa «numera» Narciso di lassù?
Numera una Grandezza (il suo «ideale»). Lo numera «realmente». Ogni volta che si guarda allo specchio, Narciso aggiunge un altro «aspetto» alla stessa Grandezza. È sempre lo stesso Desiderio che lo seduce, ogni volta però a essere sedotto è un altro pezzo, un altro organo di Narciso.
Ma, una volta che, appresso all’Occhio, tutti i pezzi di Narciso sono stati sedotti, una volta dunque che Narciso è naufragato lui di sotto alla Superficie dello Specchio, sotto il «fratto» della frazione, va da sé che la situazione s’inverte. Da Ich-Ideal a Ideal-Ich, dice Freud. Da ideatore a ideato, per intenderci. Da creatore a creatura del narcisismo.
Una volta sprofondato in basso, Narciso, da Numeratore, si ritrova a essere numerato. Da Matrice produttiva di miraggio (e di meraviglia), a essere assoggettato all’ammirazione altrui, a passare per questa soggezione all’Altro, per essere (di nuovo) qualcuno. Quel qualcuno che sarà sempre, necessariamente, un altro.
Insomma: il Miraggio, la Meraviglia, lo Stupore, «si ripete». È sempre quella Magia, e tutti i casi che si portano a esempio sono solo i «numeri» che le danno «prestigio».
Ci sono tanti numeri di Meraviglia. Qui ne abbiamo presi due, Ulisse e Biancaneve: due «casi» di incontri sproporzionati che, tra loro simmetricamente inversi, numerano la stessa Grandezza.
Quella Grandezza che nel caso di Ulisse ha nome Polifemo, e nel secondo invece si chiama «Settimo».
Polifemo è l’Altro, è Tutto il Mondo, è la Moltitudine che parla (giusto per tradurre alla lettera il suo nome), è la Chiacchiera della Gente – e tu, mio caro Ulisse, per non esserne divorato, non hai che una chance: frazionare questo «genere» di cui nulla sai, ma che a te che sei Nessuno e ai tuoi dodici «compagni di avventura» si presenta come il Mostro. È il Genere, la Genericità del Mondo, che a tutti i bambini così si mostra: di prepotenza! Si mostra che li ha già rinchiusi nella Caverna. E ha sbarrato ogni via di uscita!
Polifemo è la Totalità del Mondo – l’Altro, la Grandezza che fa paura per la sua grandezza.
Il Settimo invece è un altro, un Mondo esso pure, un Mondo particolare: è una parte, una delle tante che affollano la Folla di un Insieme. Ogni Settimo è «generico», ogni parte è pur essa una Grandezza (anche se non fa paura data la sua piccolezza). Una Grandezza di cui si possono numerare molti casi (i sette re di Roma, le sette stelle dell’Orsa, i sette giorni della settimana, le sette vocali dell’alfabeto, i sette colori dell’arcobaleno, le sette note dell’Ottava, e così via).
I Settimi sono un «genere» aritmetico, una Grandezza di cui è il Numero stesso a farci «donazione», ma sarebbe più corretto dire: una Grandezza il cui prezzo è l’auto-sacrificio (narcisistico) del Numero.
Non è chiaro?
sopra / sotto
si passa da ::: // ::: a
numero / nome ::: // ::: nome / numero
13 / Polifemo ::: // ::: Biancaneve / 7
Facciamoci chiarire le idee dal Maestro.
Numero minimo in senso assoluto è la Diade.
Ma, in relazione a un oggetto, un numero in un senso è minimo, in un altro non lo è; ad esempio: il minimo di una linea per quantità sono l’uno o il due, ma questi due numeri non sono il minimo per grandezza, perché ogni linea si divide sempre.
(Aristotele, Fisica, IV, 12: 220a)
Puoi dunque prendere uno o due narcisi, però ricorda che ogni Narciso è sempre divisibile – nel qual caso, ogni suo singolo «pezzo», ogni organo del suo narcisismo, è una Grandezza.
L’occhio di Narciso – non è tutto Narciso, e tuttavia (poniamo che sia un Settimo del suo Corpo) esso da sé basta a dare una misura a Tutto il Narcisismo.
Ma veniamo ai nostri due casi di simmetria inversa, e proviamo a riscriverli così:
molti (numero) / Uno (grandezza) = Ulisse e i suoi compagni / Polifemo
uno (numero) / Molti (grandezza) = Biancaneve / Sette Nani
Nel caso a (quello omerico) abbiamo più di un «visitatore» (più di una «linea», direbbe Aristotele) che si commisura con la Grandezza unitaria «Polifemo» e che, a detta di Omero, ne viene a capo solo numerandola, ossia frazionandola (col sistema duodecimale in voga allora).
Nel caso b (quello fiabesco) una sola è invece la «linea». Non c’è che Biancaneve sola soletta alle prese con una certa «grandezza» che non è un Intero, ma uno per uno i suoi Settimi, e dunque una Grandezza che è essa stessa un Numero: una Grandezza come tutte le altre, ma con la caratteristica sua esclusiva d’essere, insieme, «consanguinea» al suo proprio Numeratore. Numero travestito da Nome. Ideatore che si assoggetta a un suo «particolare» ideato.
Il Numero è la sola Grandezza incestuosa, la sola che può fungere da Soggetto e Oggetto della sua stessa Metrica. Il Numero prodiga anche a Se Stesso il trattamento che riserva a tutte le altre Grandezze. Tratta Se Stesso come una qualunque altra Grandezza, come una certa Qual Cosa qualsiasi.
Per giungere a tanto, però, il Numero deve dare credito ai suoi giochi di prestigio.
I Sette Nani, dice il Racconto, saranno al servizio di Biancaneve perché la bambina li sa già «numerare» – Ulisse e i suoi compagni dovranno invece escogitare un’astuzia per sottrarsi alla servitù (famelica) di Polifemo.
Biancaneve starà dunque sopra i Sette Nani, in quanto Numeratore unitario: Lei, in quanto Una, è più grande (di statura) di ogni Settimo.
Ulisse e i suoi Compagni invece staranno sotto Polifemo, che è più grande di loro, finché non lo sapranno numerare: ovvero finché, per accecarlo alla sua grandezza Unitaria, e perciò «continua» e «indiscernibile», uno di loro, il Tredicesimo, Ulisse, non lo scalerà arrampicandosi lassù, fin sulla fronte del Mostro, dopo averlo «abbattuto» col vino.
L’esatto inverso. Biancaneve è femmina, Ulisse è maschio. Biancaneve è sola, Ulisse in compagnia. Biancaneve «oggetto» di meraviglia altrui, Ulisse e i suoi compagni «soggetti» di meraviglia.
Sta’ a sentire:
Nella casetta tutto era piccino, ma lindo e leggiadro oltre ogni dire. C’era una tavola apparecchiata con sette piattini: ogni piattino col suo cucchiaino, e sette coltellini, sette forchettine e sette bicchierini. Lungo la parete, l’uno accanto all’altro, c’erano sette lettini, coperti di candide lenzuola. Biancaneve aveva tanta fame e tanta sete che mangiò un po’ di verdura con pane da ogni piattino, e bevve una goccia di vino da ogni bicchierino, perché non voleva portare via tutto a uno solo. Poi era così stanca che si sdraiò in un lettino, ma non ce n’era uno che andasse bene: o troppo lungo o troppo corto, finché il settimo fu quello giusto: ci si coricò, si raccomandò a Dio e si addormentò.
Biancaneve è in cerca del Settimo: avendolo trovato, può distendersi. Quel Settimo le servirà, ci puoi giurare! È la grandezza Giusta per accedere a un’altra potenza del Numero, a quella potenza che l’aiuterà a sfuggire alle grinfie della Strega – che, non ce lo scordiamo, ha usurpato il posto della sua Matrice.
Ulisse e i suoi compagni sono invece «numeri» (bada bene, ancora «anonimi», senza cioè un denominatore: il loro numero primo si chiama Nessuno!), numeri che vagano a casaccio finché non sono «catturati» di prepotenza da una Grandezza che li costringe a darsi una scala, una tabella più o meno pitagorica.
La simmetria dei due casi è talmente inversa che la troviamo fin nei dettagli apparentemente più insignificanti. Fin nella meraviglia che, forse proprio grazie alla sua manifesta insignificanza, passa inosservata mentre, da un racconto all’altro, scivola dai «visitatori» (Ulisse e i suoi compagni) ai «visitati» (i Sette Nani).
Eppure guarda: Odisseo e i suoi compagni, appena mettono piede nell’antro, sono colti da meraviglia («noi rimanemmo a bocca aperta per lo stupore», εθηεύμεσθα, dice Odisseo). Invece, Biancaneve ha solo voglia di mettersi a dormire, non teme, non sospetta, non si meraviglia. A meravigliarsi, nel suo caso, è il Settimo e con lui pure gli altri Nani:
… il primo si guardò intorno, vide che il suo letto era un po’ ammaccato e disse: «Chi mi ha schiacciato il lettino?». Gli altri accorsero e gridarono: «Anche nel mio c’è stato qualcuno». Ma il Settimo scorse nel suo letto Biancaneve addormentata. Chiamò gli altri, che accorsero e gridando di meraviglia presero le loro sette candeline e illuminarono Biancaneve.
«Ah, mio dio! ah, mio dio! – esclamarono: – che bella bambina!».
Simmetria dunque «sessualmente» inversa?
È dunque di questo, solo di questo, che si tratta?
Ma sì, si tratta di Numero e di Grandezza, si tratta delle «due mani» di un Unico Creatore, si tratta dei loro due modi di sposarsi, a dritto e a rovescio, nella Diade di Platone e di Aristotele. I loro due «sposalizi», Numero e Grandezza, quantum e quid, lo celebrano nella mente di tutti i bambini, anche di quelli che non diventeranno mai filosofi sapienti e dottori.
Numero e Grandezza si sposano ovunque la dismisura, la sproporzione, possa essere «esplorata» e «addomesticata», sia pure a occhio e croce.
Non conta l’«esattezza» della misura trovata. Conta semmai la gioia di ritrovarla, per chi l’ha perduta, la sua Sposa (Ulisse), la sua Immagine (Narciso). E conta ancora di più la gioia d’incontrare una nuova potenza, di fecondare un’altra chance a quella misura, aprendola all’incontro di un nuovo Sposo (Biancaneve).