Giappone – La separazione di Amaterasu e Susanowo

Susanowo-esiliatoQuando fu di ritorno dal Paese dei morti, Izanaghi corse al fiume a lavarsi, corse a scrollarsi di dosso la lordura che gli si era appiccicata alle vesti e al corpo.
Da ogni cosa che gettò via da sé – il bastone, la cintura, la veste stessa e i calzoni, nonché il copricapo, i braccialetti e le collane – nacque un dio. Nacquero in tutto dodici dèi; in origine erano le cose che Izanaghi aveva addosso di ritorno dal Paese dei morti.

Izanaghi s’immerse poi nell’acqua del fiume, e da ogni impurità che l’acqua gli portava via nacquero ancora altri dèi. Solo quando infine si lavò l’augusto occhio sinistro, nacque Amaterasu, la dea solare; e quando si purificò l’occhio destro, apparve Tsuki-yomi, l’Augusta Luna delle notti; e quando infine si pulì il naso, fu generato Take-haya-Susanowo, ovvero Maschio Prode Rapido Impetuoso.

Ma si racconta anche che Izanaghi s’era già purificato quando impugnò, dapprima con la mano sinistra, uno specchio bianco e dal suo sguardo sarebbe nata Amaterasu, e quando poi lo impugnò con la destra, dal suo sguardo sarebbe nato Tsuki-yomi.
In quanto a Susanowo, egli sarebbe nato dopo, allorché il dio distolse lo sguardo dallo specchio per volgersi a guardare dietro di sé.

Allora l’augusto Izanaghi, gioendo grandemente, così parlò: «Io ho generato e generato più figli. Alla fine di tale procreazione sono riuscito ad avere tre nobili figli».
Tolse subito, facendo un rumore, le gemme, trapassate da un filo, dell’augusto ornamento appeso al suo collo e, facendole tintinnare, le donò all’augusta grande divinità che splende in cielo, così dicendole: «Tu, o augusta, governa la Pianura nell’alto dei cieli!, e poi rivolgendosi a Tsuki-yomi: «Oh, tu augusta! – disse. – Governa il regno della Notte». Al terzo figliolo, Susanowo, infine, diede la sovranità sul vasto mare.

Non passò molto tempo che, però, Susanowo disobbedì a suo padre. Appena gli spuntarono i primi peli della barba, pianse e pestò i piedi, facendo seccare i monti, il mare e i fiumi. E dal suo pianto nacquero i Signori della pioggia.
«Perché fai questo?», gli domandò Izanaghi.
«È che ho voglia di andare nel Paese della Mamma – rispose il ragazzo. – Voglio andare laggiù, nell’angolo del profondo».
Allora Izanaghi si adirò fortemente e gli disse: «Se è questo che desideri, allora va’ via da questo Paese!». E così avendogli detto, subito l’esiliò di un esilio divino.

Susanowo

Il giorno che partì per l’esilio, Susanowo andò a fare visita alla sorella Amaterasu. Ma non appena si mosse, la terra tremò, i monti, i fiumi e i mari si agitarono e si scossero.
Allora, l’augusta grande dea Amaterasu, spaventata nell’udire ciò, disse: «Il motivo per cui l’augusto mio fratello sale qui da me, certo non è di retto cuore. Pensa certamente di rubarmi il Paese!».

Così disse, e tosto si sciolse gli augusti capelli e li annodò in augusti nodi, di modo che all’augusto nodo di sinistra come a quello di destra, nonché all’augusta ghirlanda e ai braccialetti che portava alla mano destra come alla sinistra, per tutto il corpo si coprì di gemme trapassate da bei fili; cinquecento ne mise in tutto. Poi, impugnati arco e frecce, si preparò a combattere.
Rizzò l’arco da farne tremare l’estremità; pestando e sprofondando i piedi nella terra dura, sparse a pedate la terra come fosse stata neve o schiuma. E così, solenne, come un maschio audace, premendo la terra con fierezza parlò al fratello.

«Perché sei salito quassù?», gli domandò.
Allora l’augusto Susanowo così rispose: «Io non ho il cuore sporco. Si tratta solo di questo: in seguito al comando dell’augusto nostro padre Izanaghi, io devo lasciare questo Paese. Solo perché mi ha visto piangere e, quando mi ha chiesto perché piangevo, solo per aver io detto la sincera verità: che voglio andare al Paese della Mamma. Io non ho il cuore di un bugiardo. Ho solo detto parole sincere».

Quand’ebbe così parlato, a lui la grande dea Amaterasu rivolse questa augusta domanda: «Tu dici d’essere sincero, ma come faccio io a sapere se il tuo cuore è proprio rosso?».
A questo punto l’augusto Susanowo propose: «Ciascuno di noi due, facendo un giuramento, partorirà dei figli».
Ed ecco, a questo scopo, ciascuno mettendo in mezzo, dalla sua sponda, il fiume tranquillo del cielo, fecero il giuramento. Giurarono: «Ciascuno di noi due genererà dei figlioli».

Amaterasu-redAllora la grande augusta dea Amaterasu, per prima, fattasi dare la spada di dieci pugni dal fratello, la ruppe in tre pezzi e, tuffandoli e agitandoli nel pozzo di un vero nome celeste, facendo un rumore di perle, li masticò e sputandoli poi via, dal vapore del suo fiato generò tre dèe.
Fu poi il turno di Susanowo: fattesi dare le cinque collane di gemme dalla sorella, le frantumò e le immerse nel pozzo di un vero nome celeste, poi masticò e sputò le gemme, generando dal suo fiato cinque dèi.

Allora la grande augusta dea Amaterasu disse all’augusto Susanowo: «I cinque pilastri figli maschi appena nati, se si considera che sono seme delle mie cinque collane, son nati in grazia di cose mie. Perciò naturalmente sono figli miei. Le tre colonne figlie femmine nate prima, esse sì, in quanto nate dalla tua spada, sono tua prole».
Or dunque, l’augusto Susanowo, così rispose all’augusta grande dea Amaterasu: «Io per aver avuto il cuore sincero e limpido, ho generato dei figli e ho guadagnato delle amabili figlie. Perciò posso dire d’aver vinto!».

Così dicendo, nella baldanza della vittoria, distrusse le dighe delle risaie che la grande augusta dea Amaterasu aveva edificato, riempì di terra i canali di irrigazione e sparse le sue feci nel palazzo dove si gustavano le primizie.
Malgrado egli si fosse comportato così, la sorella non lo rimproverò, ma cercando di scusarlo così parlò: «Ciò che somiglia a delle feci, dev’essere ciò che l’augusto mio fratello ha vomitato per l’ubriachezza. Se ha rotto le dighe e ostruito i canali, è solo perché non concorda con la mia scelta del terreno».
Ma pur avendo lei così parlato, Susanowo non cessò di commettere azioni cattive, anzi divenne sempre più insolente.

La grande augusta dea Amaterasu, stando nella casa pura del telaio, faceva tessere gli augusti vestiti degli dèi; allora Susanowo fece un buco nella sommità di quella casa del telaio, e avendo scorticato d’uno scorticamento a rovescio il cavallo pezzato del cielo, ve lo gettò dentro.
In quel momento la donna che tesseva gli abiti del cielo, spaventandosi a quella vista, si trafisse con la spola al basso ventre e morì.

Ecco, la grande augusta dea Amaterasu, terrificata nel vedere ciò, chiuse la porta della grotta del cielo e vi stette rinchiusa dentro.
All’istante, la pianura dell’alto cielo divenne completamente buia; il Paese centrale della Pianura delle canne fu coperto dalle tenebre, in ogni luogo. E da allora la notte divenne eterna.
E nella notte, ecco, le voci dei diecimila dèi riempirono ogni luogo come il ronzio delle mosche al quinto mese; i diecimila mali sorsero dappertutto.

Amaterasu

Ecco perché gli otto milioni di dèi si radunarono di un raduno divino nel letto del fiume tranquillo del cielo. E incaricarono il figlio del dio Takamimusubi, il dio Omoi-kane, di escogitare qualcosa: e quello radunò gli uccelli dal lungo canto della notte eterna e li fece cantare; prese la pietra dura del cielo che stava nel corso superiore del fiume tranquillo del cielo; prese il ferro del Monte metallico del cielo; chiamò il fabbro Amatsu-mara e comandò all’augusta Ishi-kori-dome e le fece fare uno specchio metallico; comandò all’augusto Tama-no-ya e gli fece fare delle perle da infilarsi augustamente, 500 perle ricurve di 8 cubiti; chiamò l’augusto Ame-no-ko-yane e l’augusto Futo-tama e ordinò loro di estrarre di un’estrazione completa una scapola di un cervo veramente maschio, del monte Kagu del cielo.

E prendendo il Hahaka del cielo, fece loro fare la divinazione. Sradicarono, sradicarono dalle radici, un vero Sakaki, dai 500 rami, al monte Kagu del cielo. Ai rami superiori, presero ed attaccarono le perle infilate augustamente, 500 perle ricurve di 8 cubiti; ai rami di mezzo, presero ed appesero lo specchio metallico di 8 cubiti; ai rami inferiori presero ed appesero offerte tenere bianche e offerte tenere azzurre.
Tutte queste diverse cose, l’augusto Futo-tama le prese e le tenne in mano insieme alle grandi auguste offerte. L’augusto Ame-no-ko-yane pronunciò supplice le parole del grande norito.

Il dio Ame-no-ta-cikara-no-o si nascose, in piedi, di fianco alla porta.
L’augusta Ame-no-uzu-me si rimboccò le maniche legandole con muschio terrestre del cielo, del monte Kagu del cielo; si fece una ghirlanda con l’edera del cielo; con le foglie di un piccolo bambù del monte Kagu del cielo, si fece un mazzo d’erba da tenere in mano; capovolse davanti alla porta della caverna del cielo un recipiente vuoto, lo calpestava e lo faceva rimbombare; essendo come invasata dal dio, tirò fuori le mammelle del seno, abbassò il cordone del perizoma fin dove appare vergogna.
Gli 8 milioni di dèi allora, tutti insieme scoppiarono dal ridere da far traballare l’alta pianura del cielo.

A questo punto l’augusta gran dea Amaterasu, pensando ciò essere assai strano, aprendo un poco la porta della grotta celeste parlò così dall’interno: «Essendomi io rinchiusa qui dentro, è naturale che tanto la pianura del cielo si abbui, quanto il paese di mezzo alla pianura delle canne interamente si oscuri; così io penso. Ora, come mai la celeste Uzume si diverte? Inoltre, le 8 centinaia di decine di migliaia di dèi, tutti quanti se la ridono».
Così parlò. La celeste Uzume allora: «Vi è qui una rispettabile divinità, assai superiore a te, o augusta; per questo motivo siamo allegri, ridiamo e ci divertiamo».

Così parlò. Nel tempo che ella così parlava, l’augusto Ame-no-ko-yane e l’augusto Futo-tama sporsero in avanti lo specchio e lo fecero vedere ad Amaterasu, l’augusta grande divinità; ma l’augusta gran dea Amaterasu, pensando: «ciò è ancor più meraviglioso», uscì poco per volta dalla porta e mentre osservava attentamente, colui che stava nascosto, il dio maschio celeste dalla mano forte, afferrò la di lei augusta mano e la trasse fuori.
Subito l’augusto Futo-tama tese dietro la sua augusta schiena una corda intrecciata con le parti di dietro e: «Da questo posto non devi più ritornare nell’interno!», così disse.

Ecco, quando l’augusta gran dea Amaterasu fu uscita, l’alta pianura del cielo e il paese centrale della pianura delle canne, naturalmente, furono illuminati.
A questo punto, le otto centinaia di decine di migliaia di dèi avendo combinato insieme, imposero all’augusto Haya-Susanowo una multa di mille tavole ove mettere (le offerte espiatorie); gli tagliarono inoltre la barba, e gli fecero perfino strappare le unghie delle mani e dei piedi, poi lo esiliarono di un esilio divino.