Sì, questo mondo è proprio piatto, e quanto all’altro, frottole.
Io me ne vado rassegnato, senza speranza, incontro alla mia sorte,
e per ammazzare il tempo, in attesa della morte,
una dopo l’altra, fumo in faccia agli dèi delle fini sigarette.
Su, viventi, lottate, poveri scheletri futuri.
Me, il meandro blu che verso il cielo s’attorce
m’immerge in un’estasi infinita, e come in un dolce
sonno m’addormento alla flagranza di profumi morituri.
Ed entro in un paradiso fiorito di forme chiare,
ove si vedono confusi in valzer fantastici
danzare elefanti in foia al ronzio delle zanzare.
E poi, al risveglio, mentre vago sulle tracce dei miei distici,
in fondo alla strada, ecco un chiarore di luce fioca:
è il mio caro pollice arrostito come una coscia d’oca.
(Laforgue, Il singhiozzo della terra)