C’erano una volta in Irlanda un re e una regina. Erano ormai vecchi e non avevano figli. Allora il re si rivolse al primo consigliere per sapere se c’era modo di avere un figlio, e il primo consigliere gli suggerì di andare al fiume a prendere un pesce e darlo da mangiare alla regina.
E così fu fatto. Il re andò, prese il pesce e lo diede alla cuoca perché lo cucinasse, raccomandandole di fare attenzione a che nemmeno una bolla uscisse dalla pelle del pesce.
La cuoca cucinò il pesce, ma sulla pelle del pesce si formò una bolla e la cuoca vi pose sopra un dito, per spianarla, e poi si mise il dito in bocca per rinfrescarlo, e così ebbe un assaggio del pesce.
Quando il pesce fu cucinato, la regina lo mangiò ed ebbe un figlio, ma anche la cuoca che aveva leccato la bolla ebbe un figlio. Perfino una cavalla e una cagna che avevano mangiato gli avanzi del pesce, ebbero rispettivamente due puledri e due cuccioli.
I due ragazzi si somigliavano come due gocce d’acqua, al punto che la regina non sapeva distinguere suo figlio dal figlio della cuoca. Per non farsi più ingannare dalla loro somiglianza, la regina fece segnare suo figlio Bill, mentre ordinò a Jack, il figlio della cuoca, di uscire dal suo palazzo e di allontanarsi dal suo reame.
Così Jack dovette partire. E Bill, molto dispiaciuto della sua partenza, fece di tutto per trattenerlo, ma inutilmente.
Quando fu l’ora del distacco, Jack disse a Bill: «Non temere! Ogni volta che lo vorrai, potrai sapere se la fortuna mi accompagna. Vedi quel pozzo? Se mi capiterà qualche disgrazia, l’acqua di quel pozzo diventerà sangue in superficie, mentre di sotto diventerà miele».
Presi con sé uno dei due puledri e uno dei due cani, Jack si mise dunque in cammino finché giunse al palazzo di un re. Per tirare a campare, si adattò a fare il mandriano, e ogni giorno si levava di buon mattino per menare al pascolo le ventiquattro mucche del re.
Un giorno, Jack le spinse inavvertitamente nel terreno di proprietà d’un gigante. Il gigante, appena vide le mucche, andò su tutte le furie. «Chi è che cosa invadere il mio recinto?», urlò uscendo armato di casa.
Jack, che intanto era salito su un albero di mele a mangiare, l’udì e fu costretto a scendere per battersi con lui.
Lo scontro fu duro, ma alla fine il gigante dovette arrendersi a Jack: «Non uccidermi! – gli disse. – Se mi risparmi la vita, io ti rivelerò dove sono nascoste le tre cose più preziose al mondo».
E poiché Jack l’incalzava sempre più minaccioso, il gigante gli confidò che dietro la porta rossa della sua casa era nascosta la spada invincibile: chi l’impugnava non poteva mai essere vinto; e che dietro la porta verde era custodito il mantello che rendeva invisibile chi l’indossava; e infine, che dietro la porta blu c’era un paio di stivali: chiunque li calzasse, poteva correre più veloce del vento.
La rivelazione non gli salvò però la vita. Con la spada Jack tagliò la testa al gigante in due pezzi, e lo stesso fece anche con i fratelli che intanto erano corsi in suo aiuto: tagliò in quattro la testa del gigante cadetto, e addirittura in otto quella del terzogenito.

Ora che aveva le tre armi magiche, Jack si sentiva il guerriero più forte al mondo. Perciò decise di andare ad affrontare il drago che ogni sette anni veniva in quel certo reame a prendersi il suo crudele tributo di carne umana.
Quello era, per l’appunto, il settimo anno – l’anno che al drago doveva essere sacrificata la figlia del re. E il re per questo era in ansia, e aveva convocato tutti i guerrieri del Regno, per affidare al più valoroso di loro il destino della sua amata figlia.
Un guerriero valoroso, un vero campione c’era e si fece avanti: «Sire, andrò io ad accompagnare la principessa sulla spiaggia. Non abbiate timore, perché mi batterò col drago e vi riporterò vostra figlia a casa, sana e salva».
Ma non era così valoroso, e soprattutto così coraggioso come diceva d’essere: condotta infatti la principessa sulla spiaggia, la legò a un albero perché il drago venisse a divorarla, e lui – vigliacco! – andò a mettersi al riparo su un albero.
Ed ecco accorrere Jack in aiuto della principessa: col mantello addosso che lo rendeva invisibile, lottò col mostro e lo ricacciò in mare.
Il guerriero del re, intanto, dall’albero vedeva il drago che s’agitava e s’infuriava per poi battere in ritirata dinanzi al suo nemico invisibile. Pensò che si trattasse d’un miracolo e, senza farsi altre domande, slegò la fanciulla e la ricondusse dal padre.
«Sire – gli disse – troppo tempo ho vissuto al riparo nel tuo castello, ignaro di come vanno le cose al mondo. Mi mandasti a combattere il drago, ma non fui così valoroso come tu mi stimavi; fui anzi piuttosto timoroso nell’impresa, e se un mio amico non avesse combattuto al posto mio, non ti avrei riportata tua figlia sana e salva».
Fu leale almeno in questo il campione del Re. Lo fu anche l’indomani, quando di nuovo condotta la principessa sulla spiaggia, e di nuovo avendola legata, di nuovo dall’albero vide il drago emergere dalle onde e poi, intimorito, ritrarsi dinanzi a chissà chi o cosa. Era di nuovo Jack, accorso in aiuto della fanciulla: solo che indossando il mantello magico, nessuno poteva vederlo.
«Sire – confessò il campione – neanche stavolta sono stato bravo, ma per fortuna tua e mia, per fortuna di tua figlia soprattutto, il mio amico di nuovo è venuto a combattere al posto mio».
Fu leale due volte il campione; per due volte riconobbe la propria fortuna. La terza volta però …

La terza volta le cose andarono diversamente. Stavolta, la fanciulla che, come c’era da immaginarsi, smaniava di conoscere il suo invisibile salvatore, e in cuor suo già ne era innamorata, s’era nascosto sotto la veste un paio di forbici. Se l’era portate apposta, per tagliare al suo misterioso salvatore, come segno di riconoscimento e insieme come pegno d’amore, una ciocca di capelli.
E poiché, nella furia del combattimento, a Jack s’era sfilato uno stivale, la figlia del re prese anche quello, prima che il guerriero venisse a prenderla per riportarla da suo padre.
Ricondotta la principessa dal Re, il campione stavolta mentì. Ora che il drago era morto, pensava che non ci fosse più al mondo nessuno più forte di lui. Perciò, stavolta, al Re non parlò né di fortuna, né di amici venuti miracolosamente in suo soccorso. No, stavolta disse d’essere stato lui a salvare la principessa dalle fauci del drago: e perciò ne pretese la mano.
Ma la principessa, mostrando a tutti la ciocca di capelli, disse: «Sposerò solo colui i cui capelli si accompagnano a questa ciocca!».
E, mostrando poi lo stivale, aggiunse: «Sposerò solo quell’uomo al cui piede questo stivale calzi a misura!».
A uno a uno furono passati in rassegna tutti gli uomini del reame: a ognuno si faceva calzare lo stivale, e di ognuno si esaminava per bene la capigliatura. Ma nessuno era l’uomo giusto.
Mancava solo un uomo all’appello, solo Jack, il mandriano del Re, ancora non era stato convocato. La principessa stava quasi per disperare, quando venne Jack: gli provarono lo stivale, e gli calzava perfettamente; si comparò la ciocca ai suoi capelli, e si sposavano perfettamente!
E perfettamente si sposarono anche Jack e la figlia del Re. Perfetta, di sicuro, fu la festa di nozze: fu una grande festa, che durò tre giorni e tre notti.
Jack era dunque felicemente sposato con la principessa. E tuttavia, un mattino un cervo gli apparve fuori la finestra e lo svegliò col tintinnio dei campanelli che portava appesi al collo. Sembrava che volesse dirgli: «Che fine ha fatto il cacciatore, e dov’è il suo cavallo, dove il suo cane?».
Fu un attimo, poi il cervo scomparve.
Jack si mise sulle sue tracce, e per tutto il giorno lo inseguì, ma senza ritrovarlo. Quando scese la notte, Jack era ancora nel bosco. Vagava ormai stanco, quando vide una capanna.
Entrò a cercare rifugio e vi trovò una vecchia di duecento anni seduta accanto al fuoco.
«Buona donna – domandò Jack – hai forse visto passare un cervo davanti alla tua capanna?».
«Non ho visto nessun cervo», rispose la vecchia e lo invitò a fermarsi lì per la notte; gli diede poi due capelli per legare a un albero il cavallo e il cane. Erano due capelli stregati: la strega era in realtà la madre dei giganti che Jack aveva fatto a pezzi e, volendo vendicarli, usò quei due capelli per strangolare cavallo e cane, e una volta che Jack non ebbe più aiutanti, uccise anche lui.
Fu allora che Bill, mentre era in giardino, notò che l’acqua del pozzo di sopra era sangue e di sotto miele. Memore allora delle parole di Jack, prese cavallo e cane e partì alla sua ricerca.
Giunse al castello del Re, e il Re e tutti i cortigiani lo scambiarono per Jack. Anche la principessa lo prese per il suo sposo e trascorse la notte con lui.
Di buon mattino, ecco di nuovo venne il cervo e fece tintinnare alla finestra i campanelli della nostalgia. Bill lo rincorse per tutto il giorno, finché la sera entrò anche lui nel bosco e giunse anche lui alla capanna della vecchia strega.
Anche a lui la vecchia disse: «Passa qui la notte, riprenderai domani il tuo inseguimento! Eccoti questi due capelli: usali per legare cavallo e cane a un albero!».
Ma Bill non fu ingenuo com’era stato Jack e, fingendo di accettarli, gettò di nascosto i due capelli nel fuoco. Perciò quando la strega gli si avventò addosso per ucciderlo, le due bestie prontamente accorsero in suo aiuto.
«Strozzate queste due bestie!», gridava la strega ai capelli.
E i due capelli dal fuoco, lamentandosi, le risposero: «Ahi! Stiamo bruciando e non possiamo servirti!».
Allora il cavallo con lo zoccolo colpì la strega in faccia, mentre il cane l’azzannava coi denti. Bill ormai stava per ucciderla, quando quella lo supplicò di risparmiarla e gli promise di far tornare in vita Jack e i suoi animali.
«Prendi la bacchetta che sta sul camino – gli disse – e va’ fuori la porta. Vi troverai tre pietre verdi: in realtà sono Jack, il suo cane e il suo cavallo. Tu batti le pietre con la bacchetta ed essi torneranno a vivere!».
Bill tuttavia non ebbe pietà: le mozzò il capo e quella, all’istante, si tramutò in una pietra verde. Poi, con la bacchetta magica corse fuori a liberare Jack e le bestie dall’incantesimo che li teneva pietrificati.
Finalmente insieme, i due fratelli fecero ritorno al palazzo del Re. Ma la loro storia non ebbe l’epilogo felice che meritava. Quando Jack venne a sapere che Bill aveva passato una notte con la sua sposa, andò su tutte le furie e si sentì tradito.
Ci fu, allora, tra i due fratelli uno scontro furioso e, nella mischia, Bill toccò Jack con la bacchetta e lo tramutò di nuovo in una pietra verde.
Dicono che dopo se ne pentì, ma – chissà – forse fu troppo tardi.