Poesia è la lingua madre del genere umano: come il giardinaggio è più antico della coltivazione dei campi, la pittura della scrittura, il canto della declamazione, le parole figurate dei ragionamenti, e il baratto del commercio.
Un sonno più profondo fu la quiete dei nostri lontani precursori, e il loro movimento una danza trascinante.
Sette giorni stettero nel silenzio dello stupore o della meditazione, poi la loro bocca si schiuse ad alate sentenze.
Sensi e passioni non parlano e non comprendono altro che immagini. È in immagini che consiste tutto il tesoro della conoscenza e della felicità umana.
Il primo sbocciare della Creazione e la prima impressione che ne ebbe il suo cronista (Mosè)… la prima manifestazione e la prima fruizione della Natura sono racchiuse nella parola: Che la luce sia!
Ha inizio da qui la percezione della presenza della realtà.
Dio infine coronò la rivelazione sensibile della sua Gloria col capolavoro dell’Uomo. Creò l’uomo in forma divina; … a immagine di Dio lo creò.
Questo decreto dell’Autore scioglie i più intricati nodi della natura umana e del suo destino.
Ciechi pagani hanno riconosciuto l’invisibilità, che l’Uomo ha in comune con Dio. La velata configurazione del corpo, l’aspetto del capo e l’estremità delle braccia sono lo schema visibile, al quale accediamo: ma non è che un accenno all’Uomo Nascosto in noi;
Exemplumque DEI quisque est in imagine parva (Manilio)
Il primo nutrimento fu tratto dal regno vegetale: il latte degli Antichi, il vino; la più antica arte poetica, il suo sapiente Scoliaste la chiama botanica, alla stregua della favola di Iotam e Ioas; anche il primo vestito dell’uomo fu una rapsodia di foglie di fico.
Ma il Signore Dio fece loro abiti di pelle e li mise addosso (Genesi, 3: 21) ai nostri progenitori, a cui la conoscenza del bene e del male aveva insegnato la vergogna. Se fosse il bisogno a scoprire comodità e arti, come ci si potrebbe allora stupire che la moda del vestirsi, e di vestirsi di pelli d’animali, sia potuta nascere presso gli Orientali?
Posso azzardare un’ipotesi che considero perlomeno assennata?
Pongo l’origine di questo costume nella conoscenza, che Adamo trasse dal rapporto con l’antico poeta (che nella lingua di Canaan ha nome Abaddon e in quella ellenica Apollion: Apocalisse, 9: 11, l’angelo dell’abisso), della stabilità generale dei caratteri degli animali, che indusse il primo uomo a tramandare alla posterità, sotto quella pelle presa a prestito, una conoscenza intuitiva degli eventi passati e futuri.
Parla, che ti veda!
Questo voto fu adempiuto con la creazione, che è un parlare alla creatura mediante la creatura: un giorno lo dice all’altro giorno, e una notte ne dà notizia all’altra.
La sua parola di riconoscimento trascorre per ogni clima fino alla fine del mondo, e in ogni dialetto se ne ode la Voce.
Dovunque sia la colpa (fuori di noi o in noi), a noi non rimangono disponibili nella Natura che versi sconnessi e disiecti membra poetae.
Spetta al dotto raccoglierli e al filosofo interpretarli: imitarli o addirittura dare loro il senso, è compito peculiare del poeta!
Parlare è tradurre da un linguaggio di angeli in un linguaggio degli uomini: tradurre cioè pensieri in parole, fatti in nomi, figure in segni che possono essere poetici o ciriologici, istorici o simbolici o geroglifici … e filosofici o caratteristici.
Questa specie di traduzione (ossia di discorso) più che ogni altra assomiglia al rovescio dei tappeti che
mostra la stoffa, ma non l’arte del fabbricante,
o a un’eclissi di sole contemplato nell’immagine riflessa in un secchio d’acqua.
(J. G. Hamann, Æsthætica in nuce)