Gli uomini tuttora non sanno dell’esistenza delle donne. Ancora non l’hanno scoperta, l’America!
Quaggiù, se pure le donne le abbiamo «ottenute» e perfino «possedute», non per questo possiamo però dire di sapere qualcosa di loro. Sappiamo solo quel «tanto» (tanto assai!) che abbiamo inciso sul Corpo delle loro Ombre, una volta che ci è piovuto addosso.

Erano appena cadute, che già c’eravamo noi sopra armati, non di uno, ma di due bisturi! Di uno sappiamo che servì per tagliare la via di fuga alle streghe che se la volevano squagliare. Dell’altro, anche se il Racconto dice che il colpo «andò a vuoto», possiamo intuire l’uso che ne fu fatto: alla lettera e in senso figurato, nel corpo fisico ma anche nel corpo immaginario, fu la Donna della nostra bi-sessualità che esso servì a «recidere», indistintamente, tanto nei maschietti quanto nelle femminucce.
È bastato che cadessero le sue Ombre dalle nuvole, neanche il tempo di farle atterrare, che già c’eravamo noi sopra. Noi i «terreni» sopra le Ombre della Donna. Noi, il punto di vista del Predatore (più o meno famelico) sopra i Fantasmi di questa sua nuova Preda. Ma che bella sorpresa!??
Ci siamo sopra, come vogliamo vederla l’America, se la copriamo con l’ombra della nostra vecchia Europa?
E già, Europa: la prima «rapita» della Storia!
E ora eccoci qua – femmine e maschi – a spartirci il Ratto in tanti brandelli di Simulacri, e a simularci reciprocamente corteggiamenti e seduzioni a cui non necessita più, anzi è del tutto fuori tema, l’esistenza della Donna – di Quella che nessuno ha mai rapita.
Eccoci, ciascuno sui pezzi di carne che gli sono toccati in sorte, a scrivere «le lettere magiche» di quella certa non so quale «formula d’incantesimo», in cui confida per «mettere in scena» il suo narcisistico Golem. A scriverle ciascuno col suo Calamo – maschi su femmine, femmine su maschi – le lettere falliche, le lettere clitoridee e/o vaginali. Tutte, l’una sopra l’altra, a nascondere l’ignoranza che ci costa l’ingresso nell’Alfabeto del Padre.
Per sapere i paterni Simboli, per parlare il Linguaggio Simbolico, e orientarci nella Segnaletica delle Paternali, dobbiamo lasciarci «tagliare» il cordone del nostro proprio sapere immaginario. Tagliarlo da lassù, con la collaborazione dello Sparviero. Tagliarlo dall’altezza di Sua Altezza il Nome.
Non sappiamo che nomi.
E se ci è parso di «possederli», questi stracci di placenta celeste, se a volte addirittura ci è sembrato di essere certi di «tenerli in pugno» (ma non erano che Ombre di Nebulose), è solo perché il Nome del Padre, col bisturi in mano, ha sancito per Legge: questo è tutto, il resto non serve, è tossico, fa male e l’ho buttato via! questo è tutto, datevi da fare!
E noi, per non perdere questa «certezza» garantita dal Nome del Padre, noi, per custodirla fedelmente, noi Corvi ci siamo arrangiati a mettere in piedi un ambaradan della madonna, a cui devotamente chiedere, al centesimo canto, il favore di oscurarci alla nostra propria ignoranza dell’Argomento.

Perciò, punto e a capo. E ricominciamo che io non so, balbetto.
Ricominciamo che confesso: io non so nulla dell’esistenza delle Donne.
Questa è la mia bismillâh. La professione della mia ignoranza.
Eppure, eccomi qua, a dare lo stesso, io Marsia, lezioni ad Apollo!
Io che non so nulla delle Donne. Io che so appena dell’esistenza sì e no di due o tre femmine – io so soltanto questo: so che non ne ho incontrata una nella mia vita che non abbia deriso questo folle schizzo di Credenza che, non so come mai, mi avanza nell’esistenza della Donna.
Voglio credere a tutto?
Di nuovo?
Per un momento, sia pure un solo momento, ho avuto in pugno la pianta «Vecchio rimbambisci»: me l’ha data Utnapištim, ma dietro pressione di sua moglie. Perché è stata Lei, la moglie del Vecchio, non il Lontano, ma la Sposa del Lontano, ad avere pietà di questo credulone che ha fatto il periplo del mondo per venire a mendicare una risposta alla sua Domanda: ma la Donna celeste, l’Immortale, esiste davvero? o è solo un capriccio del Narratore? solo un trucco per «captare la benevolenza» degli Spiriti che l’ascoltano?
Cosa vuoi? vuoi la prova provata – o vuoi lasciare che sia la tua Credenza a guidarti e ad aprirti la strada, nientemeno al di là della tua stessa Immagine narcisistica?
So che ho conosciuto solo femmine «rifatte» a uso e consumo del Nome del Padre. Nient’altro che femmine «fissate» là dove, agli albori della Storia, il Bisturi del Demiurgo praticò tagli e incisioni per separare «in modo chiaro e distinto» i due generi «gemelli».
Su, è ora di dircelo: la storia della «chirurgia estetica» è Tutta la Storia dei maschietti e delle femminucce. I documenti-chiave sono archiviati nei nostri «genitali».
Questo soltanto ho appreso.
Solo quello che è stato «marchiato», più o meno a sangue.
So che quaggiù Donne non ce ne sono.
Se esistono, le Donne stanno ancora lassù sopra le nuvole. E il nostro Antenato o chi per lui, ha tagliato troppo in fredda le vie di comunicazione tra il Cielo e la Terra.
Perciò adesso quaggiù c’è Bice – mentre Beatrice è sempre lassù che aspetta.
Aspetta che il Maestro dei Poeti la faccia trasparire dalla forza della sua sola Credenza – confidando che sarà essa, la Madre del Libro, a disfare la trappola in cui il Nome l’ha intrappolata.
Quaggiù Bice – lassù Beatrice.
E dunque: da che parte si esce da questo primitivo dilemma?
Non si esce da nessuna parte, finché il dilemma non lo riportiamo alla sua radice. E cioè: alla Catastrofe che «tagliò» le vie di comunicazione tra Cielo e Terra, al Bisturi che operò «la Grande Separazione» tra la Notte e il Giorno, tra il Sogno e la Veglia del nostro Ermafroditismo Immaginario.
Questo solo ho appreso. Che dal Cielo non piovono che Ombre delle Donne di lassù. E che sono gli sguardi innamorati di Narciso a «immaginarle» sotto di lui. Sottomettendole al suo Desiderio, Narciso le costringe a somigliare, a farsi icone e simulacri di un Fantasma «alla portata» del suo Fallo.
Ombre, non più della Donna – ma delle Nuvole che aureolano le Metafisiche falliche. Ombre sempre più vestite di Parola. Ombre chiassose – e tuttavia mute.
Esse per prime non sanno dirti niente del Cielo da cui caddero. Anzi, ti prendono per pazzo, o per un tardo oltre che goffo epigono di Dante, se te tu ti metti a balbettare a proposito del dilemma «Bice – Beatrice».
(lassù : Donna) ::: (quaggiù : femmina)
(Beatrice ::: Bice) : (Predatrice ::: Preda)
I simboli sono «mestruati» al femminile (Venere) e al maschile (Marte).
Di Venere e di Marte non si sposa e non si parte.
Questo matrimonio non s’ha da fare!
Il Cielo e la Terra saranno d’ora in poi separati. Il Mandriano e la Tessitrice, per volontà dell’Augusto di giada, vivranno disgiunti sulle due sponde della Via Lattea. In compenso però maschi e femmine potranno congiungersi qui sulla Terra.
Perché qui è stato «tagliato via» quel certo difettuccio che impediva al nostro Demiurgo di «bucare» il mistero della Donna. Quel mistero che il Demiurgo aveva però già «fissato» e «circoscritto» sessualmente.
L’aveva già «ridotto» a una questione di meccanica, di viti e di bulloni «carnali».
Perciò una sola abilità gli era richiesta: che avesse la mano ferma nel separare la Realtà dal Sogno e dalla Credenza, col suo bisturi «dall’alto».
Con l’altro intanto, di nascosto, nel «vuoto» di parole, nel «non-detto», facesse quell’altra «operazione», quella che ammutolisce i Testimoni dello Scempio. Con quell’altro intanto, tagliasse l’incoscienza dell’Androgino, al maschio circoncidendo e alla femmina recidendo il linguaggio immaginario.
Passandolo da parte a parte con la lama del Coltello dei suoi Simboli, nel Nome del Padre obbligandolo all’aut-aut: o Cielo o Terra! O Bice o Beatrice!
Coi simboli il Demiurgo lo «sega in due», lo sdoppia, lo dimezza, il nostro arcaico Ermafrodito – lo squarta se è il caso; in ogni modo lo mette in conflitto col suo linguaggio immaginario.
Se è un gioco, ragazzi – il Simbolismo del Nome è un gioco a far male!
Un gioco a ferirsi, e a mutilarsi: è quello a cui giocano, cavalcando l’uno contro l’altro, i due cavalli della Biga.
(Aiguesmortes, Curioso no curante)