Farîdoddîn ‘Attâr – Alessandro e il saggio

Alessandro-bicorne-monetaAlessandro il macedone arrivò un giorno in un luogo. Lì desiderava conoscere qualcuno che fosse in grado di insegnargli la saggezza. Voleva istruirsi e cercava un maestro. Anche se sei il re del mondo, la strada che devi seguire è quella della conoscenza. Se vuoi sapere, devi farti come Quello dalle due corna.

Gli dissero: «Qui c’è un uomo che, in materia di fede, non conosce paragone. Alcuni lo considerano folle, altri vedono in lui la saggezza e la perfezione. Vive alle porte della città ed è noto a tutti per il suo desiderio di solitudine».

Alessandro inviò qualcuno a chiamarlo, ma il suo messaggero fu respinto. Il messaggio rivolto a quell’uomo diceva così: «Alzati, il re ti vuole vedere. Non rimanere qui, non essere ostinato. Rispondi al suo appello e, se ti risultasse difficile farlo, ricorda che Alessandro è il sultano del mondo intero».

A queste parole il saggio impareggiabile rispose: «Io sono indipendente dai sovrani di questo mondo. Io sono il maestro di colui del quale il tuo re è umile servo. Perché dunque amare il tuo sovrano? Egli è solo uno dei servi dei miei servi. Non ritengo giusto dovermi recare al suo cospetto».

L’inviato tornò e riferì la risposta al suo nobile sovrano. Questi, pieno di indignazione, esclamò: «O è un folle, oppure lo smarrimento ne ha fatto un ignorante. Sono servo e amico di Dio: chi potrebbe definire Dio Onnipotente proprio servitore? Nessuno, nobile o mendicante, oserebbe chiamarmi servo dei suoi servi».

Subito dopo si recò dal saggio e lo salutò. L’altro rispose come il rango del sovrano richiedeva. Il re prese a parlare: «Se sei un uomo intelligente, perché mi chiami servo dei tuoi servi?».

E il saggio diede questa risposta: «Sire, tu hai percorso un mondo intero, con l’intento di trovare l’acqua di vita e quindi l’immortalità. Questo, mio nobile re, si chiama desiderio e ti ha messo in cammino come un suo servitore. Tu hai riunito cento eserciti per diventare il sovrano dei sette climi: questa non è altro che cupidigia, e tu ne sei l’umile servitore. Io ho soggiogato la cupidigia e il desiderio: i miei servi sono diventati i tuoi padroni. Il tuo cuore si rianima solo in virtù della cupidigia e del desiderio: tu sei servo dei miei servi. Sappi che quando il desiderio germoglia nel tuo cuore, cerca di mettervi radice per sempre. Per questo ti incita alla ricerca dell’acqua di vita. La cupidigia vuole da te la conquista del mondo intero e ti spinge a mantenere un grande esercito. Per queste ragioni, chi cerca la vita e i beni di questo mondo non riuscirà mai a ottenerli. Tu tremi per la tua vita e i tuoi beni, perché vali nulla nei loro confronti. Meglio sarebbe per te conoscere l’universo dell’anima: solo allora diverresti immortale. Perché rimani prigioniero delle catene di questa vita e dei beni terreni?».

Dagli occhi di Alessandro prese a scorrere un rivolo di sangue.
Pensò in cuor suo: «Questo dolore mi ucciderà. L’uomo che ho dinanzi non è folle, non v’è essere più saggio e prudente di lui. Egli ha portato al mio spirito un immenso conforto e questa vittoria è sufficiente ricompensa al mio viaggio».

(Farîdoddîn ‘Attâr, Il poema celeste)