Una volta, tanto tempo fa, per traversare il mare, gli uomini s’erano costruiti delle zattere legando assieme i loro kayak. Erano numerosi e avevano fretta di andare verso nuovi territori di caccia. E non avevano molto posto sulle zattere.
Nel villaggio c’era una fanciulla, il cui nome era Nuliajuk. Ella saltò su una zattera con gli altri ragazzi e ragazze, ma poiché era sola e non aveva parenti, quelli che erano a bordo la gettarono in mare.
Invano Nuliajuk cercò di aggrapparsi al bordo della zattera; le tagliarono le dita e la fanciulla dovette mollare la presa. Mentre lei andava a fondo, le sue dita si animarono nell’acqua e si misero a scorrazzare intorno alle zattere. S’erano mutate in foche!
Ma la povera Nuliajuk no, non sopravvisse. La fanciulla cadde in fondo al mare. Là divenne uno spirito, lo spirito del mare, e divenne la Madre di tutti gli animali marini, divenne la Signora di tutto ciò che vive negli abissi del mare.
Così ella acquisì un grande potere sull’umanità che l’aveva disprezzata e gettata in mare. Divenne lo spirito più temuto, il più potente e quello che, più di ogni altro, controlla i destini degli uomini.
Perciò i cacciatori la temono e la onorano. Soprattutto durante l’oscuro inverno, quando il sole è basso e fa freddo e il vento soffia sulla terra, perché allora la vita è più pericolosa da vivere.
Nuliajuk vive tuttora in una casa nel letto del mare. Laggiù, sul fondo del mare vi sono regioni come sulla terra e Nuliajuk vive in una casa in tutto simile alle case di quassù.
Vive ritirata da tutto e da tutti, pronta alla collera e terribile nel suo potere quando vuole punire gli uomini. Prende nota di qualunque rottura del vincolo d’interdizione tra l’uomo e gli animali del mare. Se le genti le dimostrano indifferenza e non osservano le sue interdizioni, nasconde tutti gli animali e impedisce agli uomini di cacciarli e di nutrirsi.
Allora gli sciamani devono convocare i loro spiriti ausiliari e scongiurarla di essere ancora buona con loro. Alcuni sciamani si accontentano di lasciar lavorare i loro spiriti ausiliari per l’umanità, mentre essi se ne stanno a casa, convocando e congiurando in stato di trance, mentre altri si avventurano di persona nella sua casa in fondo al mare, per combatterla e vincerla. Ma ve ne sono altri che addirittura, a quel che si dice, riescono a riportarla sulla terra.
E fanno ciò con tutte le precauzioni possibili: attaccano un uncino all’estremità di una lunga cinghia di pelle di foca e lo gettano nel corridoio d’ingresso della casa; gli spiriti arpionano con l’uncino Nuliajuk e lo sciamano la tira fino al corridoio.
Allora tutti possono sentirla parlare, mentre si affanna nel tentativo di fare a pezzi il blocco di neve che chiude l’ingresso, per entrare nell’igloo e uccidere tutti di terrore. Ma lo sciamano glielo impedisce e strattonandola con l’uncino la costringe a promettere una buona caccia prima di liberarla. Così Nuliajuk ritorna nelle profondità del mare.
In questo modo uno sciamano, pur essendo un comune essere umano, può dominare Nuliajuk e salvare la gente dalla fame e dalla miseria, grazie alle sue parole e ai suoi spiriti ausiliari.
Nella sua casa, Nuliajuk è circondata da esseri spaventosi. All’interno del corridoio d’ingresso della sua casa, è seduto Kataum inua, il «signore del passaggio», che porta il conto preciso di tutte le infrazioni dei tabù commesse dall’umanità sulla terra. Ogni cosa che vede e sente, la riferisce a Nuliajuk e cerca, con tutti i mezzi, di spaventare gli sciamani che vogliono entrare da lei, così che rinuncino alla loro intenzione di arpionare la donna con l’uncino.
Dentro il corridoio della casa c’è anche un grande cane nero che monta la guardia e impedisce l’ingresso, a tutti tranne che ai grandi sciamani di cui ha paura.
Con Nuliajuk vive una donna misteriosa, Isarrataitsoq, «quella senza ali» o «senza braccia». Nessuno sa chi sia. Si sa soltanto che condivide con Nuliajuk lo stesso marito, uno scorpione di mare.
C’è infine una bambina, Ungâq, ovvero «colei che strilla come un bambino», che fu rapita un giorno a sua madre mentre questa dormiva e il marito era fuori a caccia.
(Lot-Falck, Il tamburo dello sciamano)