Il giovane Krsna è il nipote perseguitato di uno zio crudele, Kamsa […].
Kamsa è un Asura, Krsna un Deva: ciò significa che, ancora una volta, la faccenda riguarda i grandi «partiti» divini (Iran contro Turan e simili). Lo zio, preavvertito da certe profezie circa il pericolo rappresentato dall’ottavo figlio di Devakî e Vasudeva, uccide sei figli della coppia, ma il settimo (Balarâma) e l’ottavo (Krsna) si salvano e vivono tra i mandriani. Qui Krsna compie alcune delle imprese del «bambino forte».
Se Kullervo a soli tre giorni di età aveva sfasciato la culla, da Krsna dovremmo aspettarci qualche cosa di spettacolare; infatti non rimaniamo delusi:
Una volta, mentre dormiva sotto il carro, Madhusûdana incominciò a piangere perché voleva essere allattato e scalciando rovesciò il veicolo: tutto il vasellame e le pentole si riversarono fuori e si ruppero.
Udito il rumore, i mandriani e le loro mogli accorsero esclamando: «Ah! Ah!» e trovarono il bimbo che dormiva supino.
«Chi mai può aver ribaltato il carro?», dissero i mandriani.
«È stato questo bimbo», risposero dei ragazzi che erano stati testimoni del fatto.
«L’abbiamo visto piangere – dissero – e dare calci al carro, e così si è rovesciato: nessun altro vi ebbe a che fare».
A questa descrizione i mandriani rimasero oltremodo strabiliati.
(Visnu Purâna, 5: 6)
Un giorno, il bambino disobbedì ripetutamente alla madre che andò in collera.
Strettagli una corda attorno alla vita, lo legò al mortaio di legno Ulûkhala e, furibonda, gli disse: «Ragazzaccio, ora scappa pure se ci riesci». Poi andò alle sue faccende domestiche.
Non appena si fu allontanata, Krsna dagli occhi di loto, cercando di districarsi, si tirò dietro il mortaio fino allo spazio tra i due alberi Arjuna che crescevano vicini. Quando ebbe trascinato il mortaio fra i due alberi, quello vi s’incastrò di traverso e, allorché Krsna lo strappò via, abbatté i tronchi degli alberi.
Nell’udire lo schianto, la gente di Vraja venne a vedere cos’era accaduto e lì si trovò davanti i due grandi alberi, con i fusti infranti e i rami rotti, distesi per terra; il bimbo vi stava infilato in mezzo con una corda attorno al ventre e rideva mostrando i dentini bianchi appena spuntati […]. Gli anziani dei mandriani […] furono allarmati da queste circostanze, considerandole di cattivo auspicio.
«Non possiamo rimanere qui – dissero. – Andiamo da qualche altra parte della foresta».
(ibidem)
Se ne vanno così a Vrndâvana, esattamente dove voleva il bimbo. Il Harivamša spiega il trasferimento a Vrndâvana in questo modo: «Krsna tramuta i peli del suo corpo in centinaia di lupi che a tal punto molestano e allarmano gli abitanti di Vraja – i suddetti mandriani – che questi decidono di abbandonare le loro case».
Nel mito indiano l’episodio dei peli di Krsna trasformati in centinaia di lupi ci appare (una volta tanto) un’inezia in confronto a quello di Kullervo che «incantò i lupi e furono bestiame e trasformò gli orsi in buoi», tanto più che i lupi di Krsna si limitano a molestare e allarmare i mandriani. Queste bestie feroci tuttavia – indispensabili all’Urkind, Kullervo o Dioniso che sia – sono presenti nella storia di Krsna, e ciò è di per sé notevole.
Kamsa, udite le imprese di Krsna e di Râma, decide di far condurre i ragazzi alla propria capitale Mathurâ e di farli morire colà, se non riesce ad assassinarli prima. Inutile a dirsi, ogni tentativo è vano: Krsna uccide Kamsa e tutti i suoi soldati e pone sul trono il padre di Kamsa.

Krsna non finge di essere un idiota, quello che sorride; si limita a insistere ripetutamente sulla propria natura di semplice mortale quando tutti vogliono adorarlo come il dio supremo che è. Inoltre, non è noto particolarmente come «vendicatore»: egli era stato incaricato dall’alto di liberare la terra, «gravata» dagli Asura, come aveva già fatto ripetute volte nei suoi avatar precedenti.
Ma Krsna ha un posto nella nostra indagine perché la tradizione indiana ha conservato la consapevolezza della struttura cosmica, la sola che possa dare un senso all’incidenza della guerra e alla nozione di delitto e castigo quali appaiono nel mito.
È utile mantenere filosofia e mitologia accuratamente distinte; eppure, i numerosi dèi ed eroi che vendicano i loro padri – a partire da «Horus il vendicatore del padre» e da «Ninurta che ha vendicato il padre» – ricevono per destino questa loro funzione, come d’altronde accade anche alla lunga schiera di zii malvagi.
Queste figure si offrono vicendevolmente riparazione ed espiazione per la reciproca ingiustizia, nell’ordine del tempo, come diceva Anassimandro, e Anassimandro era un filosofo con il cui pensiero l’epica indiana, nonostante il suo linguaggio fantastico, ha una qualche affinità.
Visnu ritorna puntualmente nelle sue vesti di «vendicatore» a riscuotere i «risarcimenti» dallo zio malvagio «conformemente all’ordine del tempo». Nel Mahâbhârata lo fa sotto il nome di Krsna, ma tornerà ancora, sotto le spoglie di un altro avatar, a ripulire la terra dagli Asura che gravano su di essa.
Anche gli Asura si sviluppano in «personaggi gravosi, prepotenti» in modo strettamente conforme all’ordine del tempo. Col nome di Kalki, la figura di Visnu verrà, attesa da tutti, a dare inizio a un nuovo Krta-Yuga (Età dell’Oro), quando il presente Kali-Yuga sarà giunto alla sua misera fine.
È questo regolare ritorno degli avatar che ci aiuta a chiarire le cose. Dal momento che la funzione di Visnu è appunto quella di fare ritorno a intervalli di tempo fissi, nel poema non vi è alcun bisogno di dare grande spazio alla vendetta di Krsna su zio Kamsa.
In Occidente invece, dove la continuità dei processi cosmici narrati dal mito è stata dimenticata – insieme con la conoscenza del fatto che gli dèi sono astri – a questa stessa vendetta viene data una notevole importanza, poiché si tratta di un evento non ripetuto, compiuto da un’unica figura, eroe o dio, il quale, inoltre, viene ritenuto creazione di qualche fantasioso poeta.
Introducendo la tradizione indiana si ha la possibilità di riscoprire il contesto in cui personaggi come l’Amlethus di Saxo o individui tipicamente sfortunati come Kullervo hanno un significato. Una volta compreso appieno che «il giorno in cui Krsna se ne sarà andato dalla terra sarà il primo del Kali-Yuga», viene stabilita la giusta prospettiva.
Il nostro eroe si trova esattamente sulla soglia tra un’età conclusa e un nuovo Tempo Zero, anzi, è proprio lui a chiudere la vecchia età.
(Santillana-von Dechend, Il mulino di Amleto)