La palma è l’albero degli stranieri

palma-datteri

È detto: «Il giusto fiorirà come palma» (Salmi, 91: 13). Quando la sua «giustizia» sarà fiorita, la sua lingua si piegherà come i rami della palma – a nutrirlo dei suoi datteri.
Sotto il peso delle parole «giuste», il «giusto» non sarà schiacciato. Avrà, anzi, l’illusione d’essere elevato, quando compassionevole a lui la palma piegherà i rami, e gli farà assaggiare i datteri del paradiso: le parole di una lingua ignara dei sì e dei no.

Perciò l’«amante» dice dell’amato assente: «I suoi riccioli sono grappoli di palma, neri come il corvo» (Cantico dei cantici, 5: 11), e quando ce l’ha di fronte: «La tua figura – dice – somiglia alla palma» (Cantico dei cantici, 7: 8).
Dice così, perché nella lingua degli «amanti» non c’è che un grappolo di Sì ignari d’ogni No. Dice così, perché Amore non partorisce parole «giuste», parole chiamate, spesso a fatica, a farsi giustizia. Amore partorisce datteri – frutti stranieri alla lingua dei Giusti.
Frutti riservati a quei Giusti che, in fuga dalla Giustizia, errano in un deserto senza parole … finché la palma da sé non fiorisce nella loro bocca.

Ecco perché è detto che, «finché non sentì i dolori del parto, Maria non andò sotto la palma» (Corano, 19: 23-26). Perché sotto la palma si va a partorire il «cristo del nostro essere», lo Straniero di questo mondo, lo Scandaloso, quello che non parla parole di pace. Perché le parole di pace presuppongono la guerra, come tutte le parole che dicono sì e no.
Il «cristo del nostro essere» parla una lingua straniera a tutti i codici.
Bisogna fare il periplo completo di tutte le lingue del mondo, prima di sdraiarsi all’ombra della palma a essere partoriti dal «mestiere» di Maria.

La Luna transita per ventotto case,
poi ritorna in opposizione al Sole.
È allora che diviene come un ramo di palma ricurvo,
per ordine dell’Onnipotente che è Onnisciente
(Mahmûd Shabestarî, Il roseto del mistero)

È quando la Luna dei nostri cieli ha fatto il giro completo dello zodiaco, e stanca e abbattuta si prostra all’incrocio equinoziale, e si piega, si curva nel cerchio di un coluro «ideale» – è allora che «nostra zia» ci viene in soccorso e ci alimenta.

Sappi che, quando Dio ebbe creato Adamo che fu il primo organismo umano a essere costituito, e quando l’ebbe instaurato come origine e archetipo di tutti i corpi umani, restò un sovrappiù del lievito della sua argilla. Da questo sovrappiù Dio creò la palma, così che questa pianta è la sorella di Adamo; essa è dunque per noi come una zia dal lato paterno. Essa cela dei segreti straordinari come non ne cela alcuna altra pianta.
Ora, dopo la creazione della palma, rimase nascosto un sovrappiù dell’argilla di cui la pianta era stata costituita; questo sovrappiù rappresentava l’equivalente di un grano di sesamo. Ed è in tale sovrappiù che Dio distese una Terra immensa.
Poiché vi depose il Trono e ciò che esso racchiude, il Firmamento, i Cieli e le Terre, i mondi sotterranei, tutti i paradisi e gli inferni, quel grano è la totalità del nostro universo che si ritrova integralmente racchiusa in quella Terra, e tuttavia questa totalità di fronte all’immensità di quella Terra non è che come un anello smarrito in un deserto della nostra Terra.
Quella Terra cela meraviglie e cose singolari di cui è impossibile determinare il numero, e l’intelligenza ne resta confusa.
(Ibn ‘Arabî, Fotûhât)

La domenica delle palme, non si festeggia la pace, ma l’aldilà della pace: essa chiude tutte le «guerre e paci», e apre sui «sette giorni» dopo la vittoria. Sui sette giorni «santi».

Nel terzo giorno di viaggio [verso l’Egitto] avvenne che, mentre gli altri camminavano, la beata Maria, stanca per il troppo calore del sole del deserto, vedendo un albero di palma disse a Giuseppe: «Mi riposerò alquanto all’ombra di quest’albero!».
Giuseppe dunque la condusse premuroso dalla palma e la fece discendere dal giumento. La beata Maria, sedutasi, guardò la chioma della palma, la vide piena di frutti e disse a Giuseppe: «Desidererei, se possibile, prendere dei frutti di questa palma».
Giuseppe le rispose: «Mi meraviglio che tu dica questo, e che vedendo quanto sia alta questa palma tu pensi di mangiare dei frutti della palma. Io penso piuttosto alla mancanza di acqua: è già venuta meno negli otri e non abbiamo onde rifocillare noi e i giumenti».
Allora il bambino Gesù, che con viso sereno riposava nel grembo di sua madre, disse alla palma: «Albero, piega i tuoi rami e ristora, con il tuo frutto, mia madre».
A queste parole, la palma subito piegò la sua chioma fino ai piedi della beata Maria, e raccolsero da essa i frutti coi quali tutti si rifocillarono. Raccolti che furono tutti i suoi frutti, restava inclinata aspettando, per drizzarsi, il comando di colui al cui volere si era inclinata.
Gesù allora le disse: «Palma, alzati, prendi forza e sii compagna dei miei alberi che sono nel paradiso di mio padre. Apri con le tue radici la vena di acqua che si è nascosta nella terra, affinché da essa fluiscano acque a nostra sazietà». Subito si eresse, e dalla sua radice incominciò a scaturire una fonte di acque limpidissime oltremodo fredde e chiare. Vedendo l’acqua sorgiva si rallegrarono grandemente e si dissetarono essi, tutti i giumenti e le bestie.
Resero quindi grazie a Dio.
Il giorno dopo, mentre partivano di là, nell’ora in cui incominciarono il cammino, Gesù si rivolse alla palma e disse: «Ti do, palma, il privilegio che uno dei tuoi rami sia trasportato dai miei angeli e piantato nel Paradiso di mio padre. E ti conferirò questa benedizione: che cioè a tutti coloro che vincono in qualche lotta, si dica: siete giunti alla palma della vittoria».
(Vangelo dello Pseudo Matteo, 20: 1-2; 21: 1)

Siamo così giunti sulla soglia – all’equinozio, al giusto mezzo. Siamo giunti al «come» di un simbolo.

(la palma sta ai datteri) come (Maria al frutto del suo grembo)

Maria non è la palma, e nessun cristo è mai un dattero. E tuttavia il simbolo ci dice una cosa. Ci dice che il «cristo del nostro essere» è in una relazione con la sua Matrice, che non ha somiglianza né con l’«umano», né con l’«animale», ma con la relazione «vegetale» che corre tra un dattero e la palma che l’ha «fruttificato». Ci dice che, come questa, è una relazione più intima, più profonda, più arcaica di ogni relazione umana o animale, culturale o psichica.

A chi voglia saperne di più, non possiamo che suggerire la lettura dei testi del Ciclo della Dormizione di Maria: cfr. Transito R, 3-4 (gli alberi che si piegano e adorano la palma in mano a Maria; la palma sarà manifestata a colui che crede e sarà nascosta a colui che non crede); Morte di Nostra Signora sempre Vergine Teotoco Maria, 3.1; Transito della Beata Vergine Maria (recensione latina A), 4; Transito Colbertiano, 9.2.