Epopea di Gilgameš (14) – La pianta che ringiovanisce

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Gilgameš e Uršanabi salgono sulla nave, staccano
gli ormeggi, sono pronti a salpare. La moglie allora
così parlò a Utnapištim il lontano: «Gilgameš è venuto
fin qui, stanco e spossato: che gli darai che possa
riportare con sé al suo paese?». Gilgameš sollevò
il remo e fece accostare alla riva la nave.

A lui Utnapištim disse: «Gilgameš, sei qui venuto,
stanco e spossato: cosa posso darti da portare con te
al tuo paese? Ti voglio rivelare una cosa nascosta,
Gilgameš, un segreto degli dèi ti voglio manifestare.
C’è una pianta le cui radici crescono in fondo al mare:
sono simili a un rovo e le sue spine, come di una rosa,
ti pungeranno le mani. Ma tu prova a raggiungerla,
cerca lo stesso di coglierla con le tue mani».

Udite che ebbe queste parole, Gilgameš aprì un foro,
si legò ai piedi grandi pietre e s’immerse giù nel profondo,
alla dimora di Ea. Colse la pianta e si punse,
la colse e si graffiò le mani, ma si slegò le pietre
che aveva ai piedi e risalì in superficie.

Poi, rivolto a Uršanabi il battelliere, disse: «Vieni,
vieni a vedere anche tu la pianta meravigliosa!
Grazie a essa, l’uomo riacquista il tempo di una volta.
Voglio portarla a Uruk e darla da mangiare ai vecchi:
il suo nome sarà Vecchio ringiovanisci!
Voglio assaggiarla anch’io e ritornare giovane».

Per venti leghe viaggiarono, poi ruppero il digiuno;
dopo trenta leghe si fermarono per la notte.
Gilgameš vide un pozzo d’acqua fresca,
si tuffò e fece un bagno; ma un serpente annusò
il profumo della pianta, si avvicinò furtivamente
e la rubò, e subito si spogliò della vecchia pelle.

Gilgameš quel giorno sedette e pianse,
le lacrime scorrevano sulle sue guance.
Al battelliere così parlò: «Uršanabi, è per questo
che si sono affaticate le mie mani? È per questo
che è scorso il sangue nelle mie vene? Ahimé, niente
ci ho guadagnato, niente di buono ho conquistato!
Non io, ma questa bestia della steppa ne gioisce;
ormai l’onda si è ritratta di venti leghe. Nel foro
che ho aperto, ho lasciato cadere gli attrezzi da lavoro.
Cosa mai posso porre al mio fianco? Sono stanco
della mia cerca! Lasciamo la barca agli ormeggi!».

vecchio

Dopo venti leghe ruppero il digiuno, dopo trenta leghe
si fermarono per la notte. E quando giunsero a Uruk,
così Gilgameš parlò a Uršanabi: «Sali sulle mura,
Uršanabi, ispeziona le fondamenta, scruta i mattoni!
Non sono mattoni cotti? Non furono i sette sapienti
a porre le sue fondamenta? Di tutto, un terzo è città,
un terzo è giardino, un terzo è campo, col recinto sacro
alla dea Ištar. Per tre miglia quadrate si estende Uruk.
Oh, se avessi lasciato il pukku nella casa del falegname!».