Del sopore e della sonnolenza

Ecco, a questo punto, uno scrittore non avrebbe che da scrivere una Dottrina della Stanchezza!
Un manuale che, se non insegni, quantomeno incoraggi a giocare a chi si stanca per primo a ripetere a pappagallo un sentito-dire. A chi è così sorprendentemente «umano» da lasciarsi andare a riconoscere il fallimento della [presunta] verità «buona per tutti» proprio là dove essa pretende di celebrare il suo trionfo – che poi sarebbe il trionfo della sua logica dispotica.
Il primo che s’addormenta durante la spiegazione della consecutio temporum – ecco chi dovrebbe essere riconosciuto come il primo «umano» della classe, ma anche come l’ultimo dei moicani, quello che non s’arrende ad altri che al manitù o al wakan del suo Morfeo, fosse pure di giorno, fosse perfino nell’ora di religione.

bambino-distratto-scuola

Quello a cui è già morto ogni dio, ogni mito, ogni richiamo con cui la Scuola l’adesca. Quello che dinanzi al più santo dei Graal non si concede più di uno sbadiglio. E che già pregusta il sopore, la sonnolenza, la vastità della beanza, e i pascoli selvaggi del suo «vattelapesca». Quello che, di tutte le chiacchiere di noialtri professori, alla fine non ritiene che un solo oscuro tamquam. Non sa, non gli interessa sapere cosa significa secondo la Scuola: quel tamquam per lui è già significativo. Forse perché gli somiglia tanto a un suono ritmato di tamburi lontani. Tamquam … e lui già dorme.

Lui dorme. Se n’è andato per i fatti suoi, per la sua via stretta.
E intanto il professore parla, parla, parla. K., chissà come, si è messo comodo e si è appisolato, ma intanto il segretario Bürger parla, parla, parla. Ogni gendarme, ogni guardiano, ogni burattino al servizio di Mangiafoco recita, tutti i santi giorni, la sua «parte». Recita, recita, recita il suo blablablà.
Guai però a parlargli di teatro: lui il Teatro lo fa per mestiere! E nell’orario di lavoro non ha diritto a stancarsi. Non ha diritto all’ozio. Il Mondo Umano, non a caso, è diventato un NEGOZIO: la NEGAZIONE all’uomo dell’unico beneficio davvero «umano». Gilgameš docet. Guai a distrarsi!

Siamo tutti «parti» d’una Messinscena ancora un po’ mesopotamica, sebbene sia passata tanta acqua sotto i ponti della Storia. Siamo ancora, a occhio e croce, «ruoli» e «funzioni» di un Intero, che nella sua pur misteriosa interezza esige che restiamo svegli e solerti, in attesa delle Sue istruzioni.
Recitiamo, come si dice, «a soggetto», chi più chi meno assoggettandoci alla parte che ci tocca. A quella che ci tocca fare «da svegli».
Io faccio il paleontologo, e tu?
No, io … lasciamo perdere, io faccio solo la parte del disoccupato.

Siamo «parti» di cui si occupa, nel darci o nel toglierci valore, sempre l’Antico Racconto – l’Immortale CHE NON SI STANCA MAI di metterci alla prova e di sbatterci in faccia l’evidenza dell’OZIO che ci NEGA.
Siamo repubbliche fondate sul lavoro. Siamo le sillabe sparse di un Canto cantato alla rovescia, e che continua a rovesciarsi addosso le sue miserie.
Siamo le membra disjecta del corpo di un Vecchio Intrepido Cantore, che fu il divino capostipite del Cantare Umano, il primo a musicarlo, e forse anche a sceneggiarlo. Non era un uomo, e se mai lo era stato – già ai tempi di Gilgameš, non lo era più.
Fin dai tempi del diluvio universale. Fin dai tempi del GRANDE OBLIO.

Munch-Angoscia
Munch – Angoscia

Utnapištim si è scordato d’essere stato un uomo. Ogni custode – quale che sia il suo «custodito» – non è più un uomo.
La sua umanità si è come dissolta nella fede e nella venerazione della tale o talaltra consecutio temporum vigente nella [Sintassi della] sua «scienza» o nel catechismo di non so quale (divina) provvidenza.
Utnapištim non provvede più alla sua «umanità»: l’ha sacrificata alla causa di un dio che era in guerra contro un altro (Enki contro Enlil).
Gilgameš invece, di farsi impapocchiare dal suo «latino», non ha nessuna voglia. Anzi, no – forse vorrebbe «passare l’esame», ma passarlo da uomo, se possibile. Se possibile, se può darsi umanamente ri-conquistare il POSSIBILE dormendo. Come il POSSIBILE stesso pretende che sia: senza nessuno sforzo.
Perché il POSSIBILE può darsi solo gratuito.
Possibilmente a perdere.
A perdere quanta più «realtà [desta]» possibile.

Ecco perché a questo punto uno scrittore non dovrebbe scrivere che negli intervalli più stanchi, nei momenti più deboli, nelle connessioni più fragili dei suoi pensieri.
Perché ci sono abissi nei luoghi del Racconto, in cui l’uomo può cadere solo in sogno. Solo pigramente. Solo facendosi cullare da non so quali tamburi più o meno lontani.
Guai a volerli realizzare quei «posti». Niente di più disumano c’è della follia che scatena la pretesa di «realizzare» il POSSIBILE delle nostre utopie.
La Storia ce l’insegna: produce solo spargimenti di sangue.

Ci sono angeli che a volte, perfino quando parla dio, si addormentano!
Come? – l’Immortale racconta, e quelli «si ribellano»?
Sì, il nostro Antenato, stamattina è così che me lo voglio teatralizzare. A uso e consumo della mia Dottrina della Stanchezza.
Me lo voglio immaginare che, dio parlava, e lui distrattamente se ne andava per la tangente del richiamo di Morfeo.
Ti ricordi di Palinuro?
Anche a lui fu fatale un colpo di sonno. Eppure non andava a chissà quanto all’ora.

Qualcuno, per pudore suppongo, aveva tagliato una certa parte del Racconto. Gli aveva, diciamo così, mozzata la coda.
Ma sta’ a sentire. Il Racconto dice che a Palinuro (lo conferma il suo nome) la coda tornò di nuovo a ri-comporsi.
Fu lasciandosi andare al sonno, che la ritrovò. Fu la Smorfiosa, la Spudorata che in tutti i suoi sogni seduceva il suo Sognatore, fu Lei a fargliela ritrovare. No, non era un castello il «posto» dove abitava. Era una bettola, e Lei serviva ai tavoli.

Ditemi voi se queste son cose da dire ai bambini a scuola. E ditemi se il più umano di loro non è quello che di tutte le chiacchiere pudiche fa un solo tamquam e via a rincorrere la sua ninnananna.
Su, Gilgameš, svegliati! T’è preso un colpo di sonno, sta’ attento, se no vai a sbattere!
Driiiiiiiiinnn!!!!

In caserma si suona la SVEGLIA, ovunque si suonano SIRENE e ALLARMI. Umana gente, altro che contenta – state allerta al quia … o al tamquam che più vi assilla. Curatevi solo di rimanere desti, vigili e coscienti. Anche se non ci capite niente, curatevi di tenere gli occhi spalancati sul mondo.
Qualcuno lo scuote: su, sveglia! – il professore ti ha già chiamato sette volte, e tu dormivi!
Su, dai, Ulisse, sono già passati sette anni! Svegliati, Calipso era solo un sogno.
Tu ce l’hai una sposa, una sposa «reale». Perché t’attardi nell’impossibile?

oppio-AMERICA
Robert de Niro – C’era una volta in America

Ci manca. Bisogna scriverla più o meno da zero, una soporifera DOTTRINA DEL SONNO.
Dicono che la praticassero già dinanzi al tempio di Epidauro.
Dammi un sorso del tuo Racconto – disse Gilgameš al Vecchio Narratore – un sorso e non di più, un quanto basta per avviarmi alla ri-conquista dell’umano che tu hai perso per sempre.

Gli uomini dormono, chi un poco chi molto, chi tutte le notti invece non riesce a prendere sonno: domandatelo a lui se non è «disumano» il supplizio che gli è inflitto!
È umano dormire sul più bello, andare a nanna per improvvisare una non so quale scalinatella, andando su e giù per la quale è il SOGNATORE che ci sogna dentro a fare l’ultimo pezzo di strada.
Se gli dèi non dormono mai, è perché stanno «fatti» in eterno di un’anfetamina a noialtri interdetta.