Aiguesmortes – Un dio non si stanca

{

P. S. dulcis in fundo, ero così stanco che, quando il Vecchio mi disse: «non dormire!», era già troppo tardi.

Amo il Possibile. Solo il Possibile impossibile da realizzare.
Era inutile che il Vecchio Intrepido Utnapištim insistesse a dire: «svegliati!».
Ci sono «cose» che si capiscono solo quando sei stanco. Stanco di chiacchiere, stanco di scuse, stanco di raggiri e d’illusioni. Stanco di realtà, di troppe realtà impossibili da tornare a essere ancora Possibili. Lasciatemi dormire, ché è meglio!

Non c’è un dio che non è morto nell’abbandono di Gilgameš alla stanchezza del viaggio. Qualche millennio fa. Se qualcosa di «umano» Gilgameš ci ha lasciato in eredità, è la stanchezza, è il sonno che lo prende «sul più bello».
È la stanchezza che lo fa sentire «arrivato». È la stanchezza che lo fa godere, a due passi dal Loto del Termine. È la stanchezza che segna il limite tra lui e l’Immortale. Tra lui e il Segreto che pure cercava.
L’Uomo è solo un DIO STANCO del viaggio.
Stanco di essere messo alla prova della sua eterna deità.

È un dio che s’addormenta … al culmine dei nostri orgasmi. Un dio dell’orgia che si arrende. Un capro che «fa le corna» a un lupo. La preda che si prende una rivincita sul predatore. O qualcosa del genere.

Blumenfeld-Dada-collage
Blumenfeld – Dada Collage

Una Nemesi – in ogni caso.
Un destino storpiato dalla sua ansia di «vendette». Un destino piegato a ritorcersi contro i suoi stessi torti.
Possibilmente per sempre.
E perciò è possibile che da sempre amo solo te, Sempre.

Il Possibile che amo è Sempre, è l’Immortale di cui nessun uomo si può più dimenticare, da che s’è sparsa la Voce del fallimento di Orfeo o di Gilgameš.
Umano è fallire l’Immortale, è godere di questo fallimento, a non più di due passi dal Sempre. È gioire della Morte simultanea di tutti gli dèi. E delle loro promesse – per rilassarsi e concedersi una risata (nel frattempo).
Chi può negare che si tratta di una gioia luciferina?

Perciò è bene che il Segreto resti là dov’è ben custodito: nelle mani di dio. È bene che l’Uomo sia umano: ha mangiato una mela avvelenata. È bene che l’Uomo dorma.
Solo gli angeli non si addormentano mai.
Solo gli spiriti senza corpo, la notte, vagano tra le Ombre dei nostri sogni.
Non ci sono che i loro fili sottili a tenerci legati (ancora per poco, credo) all’amore per il Possibile Impossibile da Realizzare.

Non fatemi più domande, non datemi più risposte! Non mettetemi più alla prova! No, a Quella no! – alla Prova dei fatti, nessun sogno resiste.
Da che Orfeo è tornato, come Gilgameš, a mani vuote, amo quello che grazie ai più audaci viandanti nelle Terre del Possibile ho saputo d’aver sempre amato: l’intuizione, la fulminazione in cui balena, insieme!, tutto il Possibile nella Luce Nera della sua Gloria.

Solo il Possibile è Glorioso Immortale – perché mai si realizza.
Realizzare il Possibile è ucciderlo. È condannarlo a essere solo quel poco che avanza. È restringerlo alla soddisfazione dei bisogni e dei desideri. Insomma, è negargli ciò di cui più ha bisogno e che più desidera: essere liberato dalla Prova dei Fatti, essere lasciato libero di essere non questi occhi con cui vede, non queste orecchie con cui sente le pulsazioni del suo battito nel mondo, non queste mani con cui nervosamente si accarezza la barba, no: niente di tutto questo, niente di ciò che è questo o quello, ma puro libero lasciarsi andare fin dentro il castello del Suo mistero «circolare».

Blumenfeld-Seni
Blumenfeld – Curve d’intenso

Che ci vuoi fare? le «cose reali», le res non quadrano mai.
Ego tamquam centrum circuli – ti ricordi? è così che dice, piangendo, l’Angelo apparso a Dante (voglio dire a un bambino di nove anni!). Le «cose» circolano solo nei miraggi terminali di un Peter Pan come di un Paolo degli Uccelli.
Quando Paolo s’era stancato di dipingere.
Quando il Poeta si stancò della letteratura.
Non prima, gli fu concesso un sorso dell’«olio di misericordia». Un poco di quella lingua antica, un resto da «balbettare», un lasciarsi cadere come un asino in mezzo ai suoni, e un gioire di tanta povertà, di tanta grazia ritrovata.
Per stanchezza, ovviamente.

Al Vecchio Intrepido Väinämöinen, la barcaiola ha lavato il «canto» solo quando il cantore si è stancato di cantare.
La verità è che era stanco di andare dal centro alla circonferenza del suo essere, stanco di andare e poi tornare dalla circonferenza al centro del suo non essere, senza arrendersi all’evidenza che, se le cose non quadrano, è perché uno spirito circoscritto si sta vendicando dell’Omissis.

}

(Aiguesmortes, Chi è senza peccato)