Dunque: una necessità c’incalza, la necessità di scambiarci con l’Altro.
Quando, dinanzi allo specchio, abbiamo scoperto l’Altro, il nostro narcisismo si è trovato sotto scacco. Narciso ignora d’essere narcotizzato dai riflessi della sua stessa immagine.
Tutto il repertorio immaginario che ha, per così dire, messo da parte fino ai diciotto mesi, tutti gli scarabocchi che insensatamente ha trascritto sulla Tavola della sua immaginazione, tutto il mare magno delle sue percezioni – tutto d’un tratto: SALTA.
Dice Lévi-Strauss: non si tratta di una «trasformazione lenta e progressiva», ma di una Metamorfosi Istantanea. Si tratta di una Necessità, appunto, che di botto lo sorprende ed ecco: Narciso sprofonda nella più gaia incoscienza di Se Stesso e, insieme, affiora all’alfabeto di una co-scienza, o – se preferisci – di una Lingua che non gli era sconosciuta, ma che non aveva ancora mai parlato, perché era solo una delle tante «possibilità» di scambiarsi col Mondo, di aprire o chiudere i suoi «sfinteri» alle Domande e alle Risposte del Mondo. Alle provocazioni dello Specchio che rende ALTRO DA NARCISO la stessa sua immagine.
Nella babele delle nostre possibilità linguistiche, nella sovrabbondanza di «possibili», nelle miriadi di miriadi di vie alla Parola, tra le innumerevoli galassie del Simbolo, dal mucchio di semi confusi e disordinati UNO SOLO comanda Venere a Psiche di prelevare: solo quella Lingua, d’ora in poi, ti tocca parlare!
Quando si dice «la via stretta»…
Una GAIA incoscienza: ecco cosa ci prende in pieno narcisismo infantile.
È per la contentezza che ci si scorda delle nostre antiche formule magiche, delle nostre lingue un tempo onnipotenti!
Non per altro SI RIMUOVE che per un eccesso di contentezza. Si rimuove: ESULTANDO. Perché «contentarsi», lo dice la parola, è sentirsi pieni fino a traboccare nel «disprezzo» (cfr. il latino contemptus), fino a provare disgusto per tutti gli altri «cibi»: per tutti quelli che non hanno il sapore della GIOIA presente.
La GIOIA SIMBOLICA – è così che dovremmo chiamare questo «disprezzo rimuovente».
Perché proprio «là» dove più pativamo l’irriducibilità dell’Altro, proprio nel «posto» in cui l’Altro ci aveva ricacciati nell’impotenza a disporne a nostro uso e consumo, proprio nella «regione» più dolente dei nostri fallimenti immaginari – proprio là la Necessità ci guarisce.
Dico: «là», alla «confluenza dei due mari» (linguistici): dell’immaginario e del simbolico. Là dove il mare schiuma, dove l’onda vortica, dove angeli e diavoli trapanano l’Oceano delle lingue del Mondo.
Là – la Necessità RITORNA ad affermare la SUA volontà di potenza. Essa non necessita d’altro che di «poter-essere» altro ancora. La Necessità è il POSSIBILE che ritorna a dispiegare tutta la sua sovrabbondanza – che ritorna a sprecare un’infinità di POSSIBILI che urgono, incalzano, fremono: vogliono SCAMBIARSI con l’Altro, quasi a volersi dare la chance di POTER-ESSERE (anche) quest’Altro.
Aumm, apri la bocca!
E certo c’è del cannibalismo al fondo di tutto questo, ma c’è anche – e qui sta la potenza venefica del simbolismo – la sola via dove si gioisce a praticare digiuno e astinenza. Nel POTER-ESSERE l’Altro, nel potersi DIVORARE l’Altro, non è implicito, anzi! è escluso che si tratti di un FATTO REALE nel senso che di solito diamo a ciò che è o non è «fatto», a ciò che è o non è «reale».

Il cannibalismo simbolico è più di un fatto: è quel che in gergo si dice una FATTURA. Ed è più che reale: SI TROVA sempre da qualche parte una FATTUCCHIERA che dice di sapere come realizzare la tale o talaltra voracità.
Non si dice, ma si FA parte tutti dello stesso INGANNO.
Tutti ci rendiamo estranei a noi stessi, tutti guardando nello specchio di uno stesso Inconscio: è lo specchio che ci dice chi siamo, e noi alla sua sentenza ci rimettiamo. È la Lingua nelle cui maglie è presa la nostra parola, a dettarci il bene e il male, il lecito e l’illecito – a impigliarci cioè nella Rete delle sue seduzioni simboliche.
Là, alla «confluenza», dove l’immaginario si squarcia ed emerge il primo scoglio delle sirene simboliche, non c’è distinzione tra chi seduce e chi ne è sedotto. Là è la SEDUZIONE che schiude tutti i suoi POSSIBILI. Non c’è chi prende e chi dà. L’avvenimento, come insegna Mauss, è l’intero, il fenomeno nella sua interezza (lo scambio seduttivo), anziché scomposto nelle sue parti e nei ruoli che le singole parti vi giocano.
Là, la seduzione ci gioca un brutto scherzo. La Necessità viene e ci porta via con sé [se-ducente]. Ci conduce là dove tutti i possibili sono i soli fatti che contano, essi soli che fanno realtà: la Realtà Tutta Possibile, non ancora immiserita da un doversi restringere solo a quel poco che resta (di seduzione, di amore e di sesso) negli equilibri simbolici e nelle concessioni giuridiche di una tribù.
Perciò, non perdere di vista la GAIEZZA, se vuoi comprendere quel che ignora ogni narciso. Non perdere di vista la tua GAIA IGNORANZA – quella che nulla sa, che nulla vuole e nulla ha del Mondo. Non perdere di vista la tua POVERTÀ – non hai che questa RICCHEZZA.
Più gioioso fu l’atto della tua GRANDE RIMOZIONE – più la dimenticanza ti divenne creativa.
La gioia ti fece dimenticare il fallimento. La gioia ti ESALTÒ – come il delfino saltasti sopra le onde. La gioia si fece strada in uno squarcio della Tela della Tessitrice: là dove il tuo immaginario ferito si doleva di un fallimento.
Guarda: la gioia è, di tutte, la FATTURA più potente. La gioia FA. E solo ciò che «fa», è magico. Così magico che perfino una «fattucchiera» ci sprofonda.
Le gioie non ce le scordiamo, no. Sono esse che ci fanno scordare quello che stavamo «facendo».
E perfino quello che stavamo «essendo».