Il vecchio intrepido Väinämöinen, l’eterno saggio, tagliava le assi di una barca, costruiva un nuovo battello sulla punta del promontorio coperto di bruma, all’estremità dell’isola nebbiosa.
Al carpentiere venne a mancare il legno, al maestro d’ascia le tavole buone. Chi andrà ora a cercare l’albero, a trovare la quercia per il battello di Väinämöinen, per la chiglia della barca del cantore?
Pellervöinen, il figlio del campo, Sämpsä giovinetto, sarà lui che andrà a cercare l’albero, a trovare la quercia per il battello di Väinämöinen, per la chiglia della barca del cantore.
Si mette subito in marcia verso le terre di nord-est, con in spalla la sua ascia d’oro, la bell’accetta dal manico di rame. Passò un colle, né valicò un secondo, si diresse verso un terzo: si imbatté in un pioppo dal fusto alto almeno tre tese.
Voleva abbatterlo, già levava l’ascia per colpirlo quando il pioppo cominciò a parlare, a muovere la lingua: «Che vuoi da me, uomo? Quali sono i tuoi intenti?».
Sämpsä giovinetto, il figlio dei campi, pronunciò allora queste parole: «Ecco quel che voglio da te, ciò che desidero e ricerco: un battello per Väinämöinen, legname per la barca del cantore».
Il pioppo parlò in modo singolare, l’albero dai cento rami disse accortamente: «Il battello tratto dal mio legno farebbe acqua da ogni parte, colerebbe presto a fondo: il mio tronco è pieno di buchi alla base. Tre volte, quest’estate, il lombrico mi ha mangiato il cuore, il verme mi ha rosicchiato la radice».
Allora Sämpsä giovinetto, il figlio dei campi, proseguì il cammino, avanzò pensieroso verso le terre del nord. Si imbatté in un pino dal fusto alto almeno sette tese. Colpì l’albero con l’ascia, lo percosse con l’accetta, poi parlò; chiese: «Potresti servirmi, pino, per il battello di Väinämöinen, per il legname della barca del cantore?».
Il pino non tardò a rispondere, gridò a gran voce: «Da me non può essere tratto alcun battello, nessuno scafo a sei banchi; non sono che un misero pino pieno di tacche. Tre volte, quest’estate, il corvo ha gracchiato sulla mia chioma, la cornacchia si è posata sui miei rami».
Allora Sämpsä giovinetto, il figlio dei campi, proseguì il cammino, avanzò pensieroso verso le terre del sud. Si imbatté in una quercia dalla circonferenza di nove tese. Interrogò l’albero, disse: «Potresti, quercia, diventare la chiglia di un battello da guerra, lo scafo di un vascello da preda?».
La quercia rispose saggiamente, l’albero dalle ghiande seppe cosa dire: «Potrei certo fornirti il legno per la chiglia di un battello. Non sono davvero un pino pieno di tacche, il mio tronco non è cavo. Tre volte, quest’estate, nella calda stagione, il sole mi ha circondato coi suoi raggi, la luna ha brillato sulle mie fronte, il cuculo ha cantato tra i miei rami, gli uccellini tra le mie foglie».
Sämpsä giovinetto, il figlio dei campi, prese l’ascia dalla spalla, colpì l’albero con l’accetta, la grande quercia col filo della lama. Non tardò ad abbattere il tronco, a buttar giù l’albero superbo. Dapprima ne staccò la cima, poi spaccò tutto il fusto; quindi lo ridusse in tanti pezzi, tagliò innumerevoli tavole per la barca del cantore, per il battello di Väinämöinen.
Allora il vecchio Väinö, l’eterno saggio, costruì lo scafo con destrezza, con canti di magia modellò il battello dal legno di una sola quercia, dai frammenti dell’albero superbo.
Intona un canto, la carena è pronta; ne intona un secondo, i fianchi sono già formati; ne canta un terzo, ecco collocati banchi e scalmi, disposte giunture e assi.
Dopo che ebbe sistemata la chiglia, saldate le costole del fondo, gli vennero a mancare tre parole magiche per fissare le frisate, rafforzare la poppa, terminare la prua.
Allora il vecchio intrepido Väinämöinen, l’eterno saggio, pronunciò queste parole: «Sventura a me per tutti i miei giorni! La barca non potrà mai reggersi sulle onde, la mia nuova nave non prenderà mai il mare!».
Pensa e riflette dove possa trovare le magiche parole, cogliere le formule propizie: «Forse le troverò sul capo delle rondini, sulla linea di volo di uno stormo di cigni, o sulle spalle di una schiera d’oche».
Si mise alla ricerca delle magiche parole: abbatté uno stormo di cigni, una grande schiera d’oche, un numero infinito di rondinelle, ma non trovò una sola parola, neppure la metà di una formula.
Allora pensa e riflette: «Dovrebbero essercene almeno cento sotto la lingua della renna estiva, dentro la bocca dello scoiattolo bianco!».
Si mise in cerca delle parole, degli scongiuri possenti. Abbatté un intero pascolo di renne, un grande ramo gremito di scoiattoli: trovò molte parole, tutte però di nessun aiuto.
Allora pensa e riflette: «Ne coglierò a centinaia nella dimora di Tuoni, nelle profonde dimore di Mana!».
Andò in cerca delle parole, delle formule possenti. Camminò con passo leggero, una settimana per una selva di alberelli, un’altra per un bosco di visciole, una terza per una macchia di ginepri. Già gli appare l’isola di Mana, è in vista del colle di Tuoni.
Il vecchio intrepido Väinämöinen gridò subito a gran voce: «Porta una barca, figlia di Tuoni, conducimi una zattera, vergine di Manala, perché io possa passare questo stretto, traghettare al di là del fiume!».
La figlia di Tuoni dalla breve statura, la storpia vergine di Manala, lavava le vesti sudicie, batteva i logori panni con vigore nel fiume sacro di Tuoni, nelle acque immote di Manala.
Mosse la lingua, rispose in questo modo: «Forse otterresti una zattera se dicessi la ragione che ti ha condotto a Manala, senza che ti abbia colto malattia mortale, sventura o altro morbo».
Il vecchio intrepido Väinämöinen parlò: «Tuoni mi condusse a questi approdi, Mana mi strappò dalle mie terre!».
La figlia di Tuoni dalla breve statura, la storpia vergine di Manala, gli oppose queste parole: «So riconoscere il bugiardo! Se ti avesse condotto, se Mana ti avesse strappato alle tue terre, ora staresti in loro compagnia; porteresti i guanti di Tuoni alle mani, il cappello di Mana sul capo. Dimmi la verità, vecchio Väinö: chi ti ha guidato?».
Allora il vecchio intrepido Väinämöinen disse: «Il ferro mi trascinò a Manala, l’acciaio mi portò da Tuoni!».
La figlia di Tuoni dalla breve statura, la storpia vergine di Manala, gli oppose queste parole: «So smascherare il bugiardo! Se il ferro ti avesse trascinato, se l’acciaio ti avesse gettato quaggiù, il sangue gocciolerebbe dai tuoi abiti. Dimmi la verità, vecchio Väinö: di’ il vero questa volta!».
Allora il vecchio intrepido Väinämöinen si espresse in questo modo: «L’acqua mi portò a Tuoni, le onde mi trascinarono da Mana!».
La figlia di Tuoni dalla breve statura, la storpia vergine di Manala, gli oppose queste parole: «So scoprire il bugiardo! Se l’acqua ti avesse portato quaggiù, se l’onda ti avesse trascinato, l’acqua colerebbe dalle tue vesti, gorgoglierebbe da tutte le loro pieghe. Dimmi infine l’assoluta verità: chi ti ha condotto a Manala!».
Il vecchio Väinämöinen mentì un’altra volta: «Il fuoco mi condusse nel regno di Tuoni, le fiamme mi trasportarono a Manala!».
La figlia di Tuoni dalla breve statura, la storpia vergine di Manala, gli oppose queste parole: «So distinguere il bugiardo! Se il fuoco ti avesse condotto quaggiù, se la fiamma ti avesse rapito, i capelli sarebbero tutti bruciacchiati, la barba ben strinata! Vecchio Väinö, se vuoi avere un battello, dimmi infine l’assoluta verità, tralascia ogni menzogna: come sei venuto da noi senza che ti abbia colto malattia fatale, sventura o altro morbo?».
Il vecchio Väinämöinen disse: «Se finora mentii un poco, se ti ingannai una o due volte, ora ti dirò il vero: costruivo una barca con maestria, fabbricavo un battello con l’aiuto del mio canto. Cantai un giorno, cantai un secondo; al volgere del terzo il traino delle canzoni si spezzò, il flusso delle parole si interruppe. Sono perciò venuto a cercare un succhiello a Manala, una lesina a Tuonela, per ricostruire il carro delle mie parole, riparare il traino dei canti. Conducimi ora il tuo battello, dammi la tua zattera perché io passi lo stretto, traghetti al di là di questo fiume».
Ma la figlia di Tuoni comincia a insultarlo, la vergine di Manala a rimproverarlo: «Insensato, quanto grande è la tua follia, uomo di poco senno! Vieni senza motivo a Tuonela, senza alcun malanno a Manala! Faresti meglio a tornartene a casa: molti sono entrati nel nostro regno, pochi ne sono usciti!».
Il vecchio Väinämöinen disse: «Una donna potrebbe tirarsi indietro, non l’eroe sia pure il più infingardo! Recami dunque il battello, fanciulla; prestami la tua zattera, figlia di Tuoni!».
La vergine portò il battello, traghettò il vecchio Väinämöinen oltre lo stretto, attraverso il grande fiume, poi pronunciò queste parole: «Sventura a te, Väinämöinen, che vieni vivo a Tuonela, che entri nel regno di Mana senza esser morto!».
Tuonetar, la buona ospite, la vecchia Manalatar, recò birra in un boccale, in un vaso a due manici; poi pronunciò queste parole: «Bevi, vecchio Väinämöinen!».
Il vecchio intrepido Väinämöinen guardò a lungo la coppa: dentro vi giocavano alcune ranocchie, i vermi strisciavano sui bordi. Allora disse: «Non sono certo venuto per dissetarmi dai boccali di Manala, per vuotare le coppe di Tuoni. Chi beve birra si ubriaca, chi vuota troppo il boccale perde le forze!».
La padrona di Tuonela disse: «Vecchio intrepido Väinämöinen, perché, vivo, sei venuto nelle dimore della morte, nell’oscuro regno prima che Tuoni ti abbia voluto, che Mana ti abbia reclamato?».
Il vecchio Väinämöinen rispose: «Mentre costruivo il mio battello, fabbricavo una barca nuova, mi vennero a mancare tre magiche parole per rafforzare la poppa, drizzare il becco della prua. Poiché non riuscii a trovarle, non le rintracciai né in terra e neppure in cielo, dovetti venire nel regno di Tuoni, nelle dimore di Mana per cogliere quegli incantesimi, per apprendere quelle formule possenti».
La padrona di Tuonela levò la voce, si pronunciò in questo modo: «Tuoni non consegna parole, Mana non distribuisce magici poteri. Non uscirai mai più di qui, mai più nel corso della vita per tornare alla tua casa, passeggiare nelle tue terre!».
Indusse l’eroe al sonno, pose il viandante sul letto di pelliccia di Mana. L’eroe si corica per dormire, il valoroso si addormenta. L’uomo dormiva, le sue vesti però vegliavano.
C’era una donna a Tuonela, una vecchia dal mento aguzzo, una filatrice di filo di ferro, una fonditrice di cordoni di rami. Ordì una rete dalle cento maglie, una nassa dai mille nodi in una sola notte d’estate, sopra una roccia in mezzo all’acqua.
C’era un uomo a Tuonela, un vecchio con tre sole dita, tessitore di reti di ferro, fabbricante di lacci di rame. Ordì una rete dalle cento maglie, una nassa dai mille nodi in quella stessa notte d’estate, sopra lo stesso scoglio tra le acque.
Il figlio di Tuoni dalle dita uncinate, dalle unghie di ferro, gettò la rete dalle cento maglie nel fiume di Tuonela. La trascina in lungo e in largo e di traverso perché Väinämöinen non sfugga, perché Uvantolainen resti per sempre, per tutto il corso della vita finché brillerà la luna d’oro, nelle dimore di Tuoni, negli eterni abissi di Mana.
Il vecchio intrepido Väinämöinen levò la voce, disse: «È forse l’ora della mia rovina? La sventura si è forse abbattuta sul mio capo nelle dimore di Tuonela, in queste stanze di Manala?».
Väinämöinen mutò aspetto, prese subito altre fattezze: si mosse dentro l’acqua come una nera forma, quale lontra tra le giuncaie; scivolò in guisa di serpente ferrigno, come vipera velenosa tra le nere onde, attraverso le reti di Tuoni.
Il figlio di Tuoni dalle dita uncinate, dalle unghie di ferro, si recò di buon mattino a guardare le sue reti: prese centinaia di trote, migliaia di pesciolini, ma non trovò Väinämöinen, il vecchio Uvantolainen.
(Kalevala, runo 16)