Tutto fu per via di uno spiffero!

Masaccio-cacciata
Masaccio – La cacciata di Adamo e Eva

È lungo la vena giugulare di Adamo che il Tentatore discende dal «paradiso-cervello» nella «terra-cuore». Così recita l’Ummu’l-Kitâb.
Trascinato nella caduta, il nostro Angelo – l’Angelo dell’Uomo – precipita di sette cieli. Adamo «cade» nel cuore. E qui s-coppia. Qui Adamo si sdoppia nella coppia Adamo-Eva.

Lo so, viene da dire: ma che sciocchezze son queste!
Ma tu prova a tradurre, e vedrai che si può intendere che [a diciotto mesi] finisce la pacchia del Guaglione [Narciso] dinanzi allo specchio. Finisce il narcotico suo stupore, e comincia la via crucis: il Guaglione scopre (ahimé dolorosamente) l’irriducibilità dell’Altro a Se Stesso. Adamo incontra l’Altro nell’immagine. L’Altro irrompe, prepotente e dispotico, nel suo linguaggio immaginario. Viene ad aprirvi una ferita.
Il Guaglione cade nell’Aperto. Vi cade però «rinchiuso» nel trauma di un io celibe. Di un Soggetto che, potrà «sposarsi» anche mille volte nella vita, è destinato comunque al celibato: a vivere e morire da solo la sua vita e la sua morte.

Nella «caduta», non è solo Adamo a ferirsi e sdoppiarsi, ma assieme a lui si «scinde» anche il Tentatore che gli «scende» nel cuore. Qui, nel cuore, nel primo disegno della creazione, anche il Tentatore s-coppia in due figure: il serpente e il pavone.
Dunque, fa’ attenzione: il Tentatore, prima di cadere nel cuore dell’Uomo, non ha figura! Non ha un «segno» che lo significhi nell’immaginario. Il suo «doppio segno» sorge, non prima, ma assieme alla coppia Adamo-Eva.

Il Tentatore è nell’aria, è nel Vento che «lavora» su Adamo, per farlo «cadere» nel gorgo delle sue tentazioni. Prima, molto prima che Adamo lo disegni come il Serpente che tenta Eva, il Tentatore già è all’opera.
È all’opera sin da prima della «creazione».

Amma, dicono i Dogon, «creò» il mondo a partire dai bummo. Lo dovette «disegnare» per poterlo poi creare. Il suo «disegno» fu creativo, ma non di Se Stesso. Quel «disegno» fu increato.
Lo so da me che «increato» è una parola troppo teologica, per soddisfare una curiosità profana come la nostra.
Che vuol dire, qui, «increato»?

Vuol dire qualcosa di più antico dei bummo, qualcosa di più arcaico del linguaggio immaginario – qualcosa che dei segni del linguaggio immaginario è fondamento senza immagine.
Che cosa?
Il testo non è chiaro?
Eppure dice: un sussurro entrò nell’orecchio di Adamo.
La «materia» di cui sono fatte le tentazioni del Tentatore è … uno spiffero di Vento! Il suo «rumore» non è più forte del fruscio di un battito d’ali di un insetto.

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Kandinskij – Composizione V

Non fare la fesseria di Cartesio, non c’è nessun «io» in principio: l’«io» è il fondato, non il fondamento. Il disegnato, non il Disegnatore.
Il mondo cade nell’esser-mio di un «io» a cose fatte!
Prima, c’è la Voce del Mondo.
Ça parle, il Mondo parla, l’Es è chiacchierone – e nessun Guaglione è sordo ai suoi richiami. E forse non uno, ma più di un «sussurro» gli profana il «tempio dell’Udito».
È questa «materia sonora» (caotica perché all’orecchio del Guaglione essa è senza significato) a influenzare gli «umori di fondo» (la Stimmung) delle sue creazioni immaginarie.

Narciso che sta dinanzi allo specchio, Narciso che sta per cadere nel miraggio della sua immagine, Adamo che sta per sdoppiarsi in Se Stesso e l’Altro – non è al riparo sotto una campana di vetro, ma esiste nel Mondo. Nel Mondo che parla.
Narciso, dice il Racconto, è già stato «tentato» da Eco. Il «sussurro», il Vento l’ha già insinuato nell’orecchio di Adamo.

Dinanzi allo specchio, non c’è un «io», fondamento inconcusso della struttura di un mondo, su cui solo dopo, solo a posteriori verrebbe a poggiare i suoi pesi il Mondo – quello cosmico, creato da dio.
No, dinanzi allo specchio, c’è il Mondo che parla, il Mondo che circola nelle sue stesse voci, il Mondo che s’informa del Mondo, che ne è curioso e che, a volte, se ne prende cura, a volte invece lo trascura.
Dinanzi allo specchio c’è il Mondo increato che sta per venire a individuarsi: non c’è solo un occhio a cui la Luce confida i suoi colori, c’è il Mondo il cui Occhio tra poco rinnoverà la creazione di quest’Altro Mondo, del Mondo in cui abita l’Altro.
Dinanzi allo specchio c’è il Mondo che «vede le voci».

E queste «voci» sono, sovente, tra loro dissidenti, scordate le une con le altre: le «notizie» che il Mondo si manda attraverso i mondi dell’Altro, raramente somigliano alle «note» della scala musicale. Sono piuttosto incognite che, a loro stessa insaputa, veicolano dissidenze oscure e conflitti insolubili.
Dissidenze che sono nel Mondo, disgiunzioni del mondo che vengono a sdoppiare Adamo – che l’attraversano e lo dimezzano.

In principio [è] la Parola [di dio, del vento o di quel diavolo di un Mago che risponde, oggi, al nome Inconscio].
In principio [è] la Voce della Luce Nera, la Voce senza immagine, la Perla oscura del Tao.
Essa parla «sotto il linguaggio immaginario», attraverso la maschera dei bummo o di un qualunque scarabocchio.
È la Metafora Senza Segni – la metafora «istintiva» che trasporta l’Angelo della nostra specie in quest’Altro mondo.

L’immaginario «ferito» è il bosco in cui si apre una «radura» simbolica. Una trama [d’illusioni] si squarcia là dove l’immagine «abbaglia», e scopre così il suo ordito: l’istinto a simboleggiare.
In principio [è] il Trasporto del nostro Antenato per [combattere] la lontananza che pure lo richiama.
Se dico Trasporto – è per tradurre in parole povere (o alla lettera) una parola tanto abusata quanto incompresa.

La Metafora ci trasporta nell’immaginario … e oltre. Ci trasporta dal cervello al cuore … e anche più giù. Ci trasporta fin nei bassifondi del nostro essere.
Nessuno s’illuda di poterla «spiegare».
Per ora, però è già tanto se riusciamo a renderci più familiare ciò che scrive Nietzsche a questo proposito.

Uno stimolo nervoso trasferito anzitutto in un’immagine: prima metafora.
L’immagine plasmata poi in un suono: seconda metafora.
(Nietzsche, Su verità e menzogna)

È già tanto, se cominciamo a intravedere la possibilità che il nostro linguaggio è una questione anzitutto di nervi e di stimoli nervosi (stress), di domande e di risposte, poetiche e patetiche a vicenda, e che se esso ha, com’è possibile, una struttura – questa deve essere qualcosa che nulla a che vedere con la «verità» e con la (nostra) «logica».