Fu molte ere prima che la terra fosse creata che venne fatto Niflheimr, e in mezzo a esso c’è una fonte che ha nome Hvergelmir e da essa scorrono fiumi (Snorra Edda, Gylfaginning: 4)
Niflheimr, letteralmente la «casa della nebbia», la terra eternamente innevata, è il paese natio di Ymir e dei Þursi della brina, nonché patria di Sigurðr e di tutti i Niflungar (= Nibelunghi)…
Più che un paese avvolto nella nebbia (dalla stessa radice cfr. il greco νεφέλη = nube) dovremmo però provare a immaginarcelo come la Nebbia i cui «paesani» sono essi stessi nebbie, vapori e fumi: ancora non «piovono», se così si può dire – ma sono già pregni della pioggia a venire.
A venire, è il caso di dirlo?, come un dono giù dal cielo.
Dal cielo è venuto, per es., Nuvola Bianca, augh! il grande capo degli indiani Iowa. Dal cielo sono discesi i Nefilim – gli «angeli ribelli» del Libro di Enoch. E dal cielo cala la Nuvola «madre di tutte le nuvole», per venire ad avvolgere ogni povero cristo nel suo mantello misericordioso.
Il Signore regna, esulti la terra, gioiscano le isole tutte.
Nubi e tenebre lo avvolgono, giustizia e diritto sono la base del suo trono
(Salmi, 96: 1-2)
Non c’era niente prima che piovessero i nomi su di noi. C’era soltanto la Nuvola.
Prima che qualcosa ci divenisse un segno chiaro, era già in nuce nel grembo di Madre Nuvola.
Come chiamare dunque i «paesani» di questo Paese? come, se non i Nuvolosi Figli della Nuvola, i Niflungar?
Essi non abitano, come diciamo noi oggi, sopra le nuvole: essi sono tutti assieme l’incorporeo corpo della Nuvola. Sono il Gas della Nebulosa in cui ancora non ha preso corpo nessuna stella – e che tuttavia è già pregna di tutte le stelle a venire.
A venire, è il caso di dirlo?, come un dono della Notte al cielo.
Non c’è aureola a circonfondere il capo dei Buddha Illuminati, che non sia uno sbuffo della Nuvolosa Notte – la Noche del nada-nada, in cui essi hanno trovato rifugio, allorché smarriti chiesero di poter tornare a casa, al loro «duende», e che solo abbandonandosi alla forza oscura del loro «duende» si lasciarono andare.
Ogni Buddha, in fondo, non è che un ballerino di flamenco.
Tutti gli illuminati sono un po’ gitani – o no?
Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una «colonna di nube», per guidarli sulla via da percorrere
(Esodo, 13: 21)
La Nuvola è la Casa più antica, quella che l’Uomo ha condiviso in illo tempore con tutti gli «ancora di là da venire». È la Casa del «non ancora Umano», eppure guarda un po’ che paradosso: non avviene, ora, nulla di «umano» che non sia nostalgia di quella Casa che fu allora – prima che l’Uomo fosse … se non mi sbaglio, solo il sesto giorno.
Chi può dunque sapere della Nuvola, se una nuvola non gli annebbia la mente? e se la Nuvola l’avvolge, se la Nuvola per un istante se lo riprende (per difenderlo dal «disumano» e restituirlo al «sovrumano»), come può lui parlarne chiaramente?
Chiarore non v’è a Niflheimr. Sono chiari quelli che «escono» da Niflheimr: sono chiari gli Angeli del mattino, chiari sono gli Astri che si ribellano alla tirannia della Tenebra Eterna. Sono chiare le Luci – ma è proprio la loro chiarezza a oscurarci il Segreto della Nuvola che le «partorisce».
I misteri semplici e assoluti e immutabili della teologia sono svelati nella caligine luminosissima del silenzio che insegna arcanamente; caligine che fa risplendere in maniera superiore nella massima oscurità ciò che è massimamente splendido e che esuberantemente riempie le intelligenze prive di occhi di splendori meravigliosi, nella completa intangibilità e invisibilità
(Dionigi Areopagita, La teologia mistica, 1: 1)
Luce oscura che illumina intelligenze cieche, luce nera, luce del silenzio, luce della Parola «Luce», luce che non si vede, luce che «insegna» pur senza significare ancora nulla, luce senza segni, metafora istintiva … più o meno è così che i «mistici», quelli un po’ più matti, s’intende – all’incirca è così che i poeti più arditi s’immaginarono la Nuvola.
Dissero, come san Giovanni della Croce: non ne sappiamo niente, le sole notizie che ne abbiamo siamo noi stessi quando la Nuvola viene e ci prende.
Viene giù dal cielo, è il caso di dirlo?, a portarci in dono l’Uomo – ad aprirci la via che va all’Umano. La via che l’Umano non può più percorrere a ritroso, perché v’incontra sempre e solo una «colonna di nebbia» a guidarlo nel deserto.
Siamo usciti da Niflheimr – dicono i Niflungar: c’è bisogno di ricordare in che razza di guai si sono andati a cacciare tutti coloro, e sono stati davvero tanti, che hanno cercato d’impadronirsi del nostro tesoro maledetto?
Non si esce da Niflheimr se non «male dicendo». Come minimo se ne esce, come Mosè, che divenne balbuziente.
Introdusse [Mosè] nella nube oscura e gli diede faccia a faccia i comandamenti
(Siracide, 45: 5)
La Nuvola, nessuno la può dire «bene», perché è bene solo tacere – quando si è interrogati sul Nome di Mamma Santissima. Si finirebbe solo per toccare l’antico nervo scoperto.
Lasciate parlare Aronne – lui sì che di dèi se n’intende.
Nella Nuvola non si bestemmia!
È fuori che continuiamo a maledire la nostra umanità.