Aiguesmortes – Devo ancora nascere

Tutto è di là che proviene: dal gorgo di un buco nero. E tutto in quell’oscuro gorgo sprofonda.
gorgo-cascataProposizione antica, è questa – da cui, a quanto pare, prese a filosofare un tale Anassimandro. È necessario, disse, è Ananke che lo pretende: tutto ciò che sorge, è necessario che tramonti non altrove che ricadendo nel suo stesso nero «donde». Se fossi andaluso, direi quel che disse la zingara al Poeta. Gli disse: non altrove che nei «colori neri» si accendono le luci più estatiche del tuo «duende».
Sono, quelle, le acque più deliranti, i pochi rivoli che non hanno bisogno di una musa per obbedire al loro proprio Solco. Le più ballerine, quelle che danzando stazionano sulle proprie onde.

Là – presso il Gorgo – solo Lei immobile e irremovibile, solo Ananke piega il tempo sulle sue ginocchia. Solo la Necessità, solo la Fatalità curva la luce ai suoi diktat tenebrosi.
Là non c’è Domanda che non sia con-fusa con la Risposta. Né reale che non con-fluisca, «anima e corpo», nella sua natia lingua immaginaria.
Là, nel suo onirico Ombelico, il Mondo rantola e vagisce il suo Inizio – che è Morte. Là, il Mondo si produce e si annienta – come a voler perpetuare solo il Fallimento a cui lo vota l’insaziabile ingordigia di Se Stesso.

Perciò, se mai qualcuno, da quelle parti, avvistò una Terra Promessa, fu solo il miraggio di un istante – prima che il Vorace l’inghiottisse.
Fu un poeta, fu un astronomo, o furono tutt’e tre i Magi che viaggiarono alla volta di una Nascita in cui fidavano di Morire per sempre? – chi fu? e che mestiere faceva colui a cui venne in mente la metafora del Pozzo che tutto vomita e risucchia? Un indovino, un ciarlatano o un profeta ispirato – uno di quelli che lasciano i Libri, anche se non sono loro a scriverli?

È inutile stare a cincischiare sui diritti di primogenitura dell’Idea. Dice che a pensarla per primo fu un cavaliere errante. Dice: no, fu un buongustaio anonimamente affogato nei sapori della sua cucina. Assaggia oggi, assaggia domani: finì ahimé per prendere quella brutta abitudine che si chiama «ridondanza».
A buon intenditor, poche parole! – disse l’alchimista che gli rubò la ricetta. No, dice: non fu lui, ma un agrimensore a essere scippato di quella geniale intuizione, di cui tuttora gli siamo debitori.
Gli dobbiamo tutte le confusioni, e il tempo perso a far quadrare il cerchio del Suo problema.

Là, presso il Gorgo – il destino di Edipo s’intreccia con quello di Parsifal. Così l’Uomo (il mito dell’Uomo, intendo) si fa e si disfa nelle mani di Ananke, alias Penelope.
Come potrebbe Ulisse a Lei tornare, tornare alla Sua Casa, se nel frattempo il Gorgo, di realtà e immaginazione, ha già fatto un sol boccone?
Dante-UlisseDante gli ha imposto per compagno il muto Diomede. Perché due corni ha la fiamma sputata dal Gorgo. Perché solo il Bicorne, solo Alessandro il Grande, può rimandare a domani l’inferno che pure rasenta.
Chiacchiera e taci! – gli suggerì Apollonio il Mago.

Un talismano, ecco cosa ti ci vuole per passare indenne attraverso le nuvole della tempesta. Ci vuole una statua da porre sull’imboccatura del pozzo, per contenere le acque che, ribollendo, vengono su dal profondo. Una statua per tappare la bocca all’Es dell’Essere, direbbe Freud.
Ci metto la mia faccia – disse pronto Narciso. – Così il gorgo non lo vedo, e non mi fa più paura.
Ci metto la mia risposta – disse l’infermo Re Pescatore. – Vieni appresso a me, t’insegnerò a pescare nel mare delle domande!

Sappiamo com’è andata, anche se continuiamo a fingere di non saperlo. È andata a finire che solo il puerile non ha bisogno di un rinfresco di memoria. Cincin! Solo il nuovo, solo il neonato sa essere presente al Tempo. Non chi ha un passato a cui sovrascrivere le sue illusioni. Auguri e figli maschi!

Quando il gorgo, al quarto giorno, gli rovesciò la nave, un istante prima che il Pescecane lo divorasse – solo in quell’istante Ulisse rivisse negli occhi di tutti i Pinocchi. Solo il tempo d’una «ridondanza» fu concesso a Collodi: il tempo di un amaro rigurgito di un’antica, irremovibile, luce nera.
Dice che dovette pure lui fare le corna, le due corna, per scongiurare il rischio che un riflusso del suo «duende» lo trascinasse fino a conoscere Se Stesso.
Dice che, da quando nessun dottore scrive più uno scolio al Talmud – dice che da allora non si vede più la Via – che scende e sale dal profondo. Si vede solo un labirinto di vie, ove più ove meno illuminate.
Dice: non domandare – ché non ti sarà risposto!

Su, tappa quel buco! Non guardarci più dentro!
Ascolta Socrate! Prova a guardare il Mondo «da quell’altra parte».
Noi uomini siamo prigionieri dell’Aperto! Come Edipo siamo aperti a ogni sorta di congiunzione, fosse anche proibita dalla Legge! Ma, come Parsifal, siamo pronti a rinchiuderci, fin da bambini, nel culto di una Risposta. Ci vincoliamo a lasciar cadere tutte le domande che non portano a Essa.
E così ci teniamo in bilico su un bordo del Gorgo. Sappiamo, ma continuiamo a fingere di non sapere, che c’è solo quella Via. E che tutto il resto è schiuma!
Cincin! Bevi e dimentica: dice l’ostessa a Gilgameš. Fermati alla mia locanda! gli dice. Dove credi di andare, se non all’Inferno?

flamenco-4

Dice che il «duende» sale dalla punta dei piedi.
Sale finché alla «confluenza» delle due gambe di colpo diventa un fremito, e questo fremito in un istante produce e annienta mille ballerini di flamenco.
Là – presso il Gorgo – solo quei mille diventano i baci che Catullo chiede alla sua Lesbia.
Tutto vortica.
Solo quei mille che si lasciano andare hanno l’ardire di danzare sulla schiuma delle parole – senza fare domande, senza aspettare risposte.
Essi non vogliono sapere se vanno incontro a una nuova Nascita o all’ultima loro Morte.

Che peccato sarebbe prendersi sul serio. Sii «grande-e-piccolo», lo diceva pure Platone: bisogna essere «tutt’e due», per stazionare un attimo presso il Gorgo.
È un caso che solo i vecchi osano affondare lo sguardo nell’Aurora?
È un caso che Deva e Asura «trapanano» l’Oceano di Latte e si affaticano in un eterno Tiremmolla, solo per montare un po’ di panna?
Non chiedermi, per favore, un tarallucci e vino.
Devo ancora nascere. Fammi giocare ancora un poco.

(Aiguesmortes, Quaderni)