Borges – L’immortale Sîmorgh

Simorgh2La Sîmorgh è un uccello immortale che nidifica tra i rami dell’Albero della Scienza; Burton l’accosta all’aquila scandinava che, secondo l’Edda Minore, conosce molte cose e fa il nido tra i rami dell’Albero cosmico, chiamato Yggdrasill […]

Nella Tentazione di sant’Antonio Flaubert l’abbassa a servitore della regina Balqîs e lo descrive come un uccello di piumaggio aranciato e metallico, dalla testina umana, provvisto di quattro ali, di artigli d’avvoltoio e di un’immensa coda di pavone.

Nelle fonti originali la Sîmorgh è più importante.
Ferdawsî, nel Libro dei Re, che raccoglie e mette in versi antiche leggende dell’Iran, lo fa padre adottivo di Zâl, padre dell’eroe del poema.
Farîdoddîn ‘Attâr, nel secolo XIII, l’innalza a simbolo o immagine della divinità, nell’opera intitolata Mantiq al-tayr (Dialogo degli uccelli).
L’argomento di questa allegoria, che occupa circa quattromila cinquecento distici, è curioso. Il remoto re degli uccelli, la Sîmorgh, lascia cadere in mezzo alla Cina una piuma splendida; gli uccelli risolvono di cercarla, stanchi della loro antica anarchia. Sanno che il nome del Re significa trenta uccelli; sanno che la sua reggia è nel Qâf, la montagna o cordigliera circolare che cinge la terra.

Al principio, per paura, alcuni uccelli si scherniscono: l’usignolo allega il suo amore per la rosa; il parrocchetto la sua bellezza, che gli è ragione di vita ingabbiata; la pernice non può prescindere dalle colle, né la gazza dalle paludi, né il gufo dai ruderi.
Alla fine, si lanciano nella disperata avventura; superano sette valli, o mari; il nome del penultimo è Vertigine; l’ultimo si chiama Annientamento.

Molti dei pellegrini disertano; altri periscono nella traversata. Trenta, purificati dalle proprie fatiche, toccano la montagna della Sîmorgh. La contemplano finalmente: s’accorgono che essi stessi sono la Sîmorgh, e che la Sîmorgh è ciascuno di loro e tutti loro.

Il cosmografo al-Qazwînî, nelle sue Meraviglie del creato, afferma che la Sîmorgh Anka vive mille e settecento anni, e che il padre, quando il figlio è cresciuto, accende un rogo e si brucia. Questo, osserva Lane, ricorda la leggenda della fenice.

(Borges, Manuale di zoologia fantastica)