C’erano una volta due fratelli, il maggiore dei quali era un appassionato cacciatore. Ogni giorno si allontanava sempre di più per inseguire la selvaggina, cosicché una volta giunse a un ruscello che non aveva mai visto. Salì allora su un albero per aspettare al varco gli animali che fossero venuti ad abbeverarsi, quand’ecco l’eroe vide una donna che si avvicinava sguazzando, i cui movimenti l’incuriosirono.
Ogni volta immergeva la mano nell’acqua e riusciva ad acciuffare due pesci, e ogni volta uno lo mangiava e l’altro lo deponeva nella cesta.
Era una donna molto grande, un essere soprannaturale. Portava sul capo una zucca, che di tanto in tanto prendeva e gettava in acqua facendola girare come una trottola. E poi rimaneva immobile ad ammirarla, prima di riprendere il cammino.
Il cacciatore passò la notte sull’albero e ritornò al villaggio il giorno dopo. Raccontò la sua avventura al fratello minore, che gli chiese con insistenza di accompagnarlo, per vedere una donna simile, capace di acchiappare e divorare tanti pesci.
«No – rispose il fratello maggiore – perché tu per niente scappi a ridere e potresti ridere di lei».
L’altro però gli promise di rimanere serio, e il fratello si lasciò convincere.
Giunti al ruscello, il maggiore salì sul suo albero che era un po’ discosto dalla riva; per non perdersi lo spettacolo, l’altro andò ad arrampicarsi su un albero situato in una posizione più favorevole e si sedette su un ramo che sovrastava l’acqua.
Poco dopo arrivò la donna, che cominciò a ripetere le sue mosse. Quando fu sotto il più giovane dei fratelli, scorse la sua ombra riflessa nell’acqua. Tentò allora di acchiapparla, non ci riuscì e si ostinò: immergeva la mano lentamente, prima da una parte poi dall’altra, eseguendo gesti così bizzarri, capriole così ridicole, che il ragazzo che le stava proprio sopra non poté trattenere il riso, vedendo questi inutili sforzi per afferrare l’ombra anziché la preda. Egli rideva, rideva e non riusciva a fermare il riso.

La donna allora alzò gli occhi e scoprì i due fratelli. Ordinò al più giovane di scendere, ma quello si rifiutò. Furiosa per essere stata messa in ridicolo, essa mandò contro il ragazzo delle formiche velenose che lo punsero e lo morsicarono così violentemente che egli dovette buttarsi in acqua.
La donna lo prese e lo divorò.
Poi catturò anche l’altro fratello, lo depose nella cesta e fece ritorno a casa. Vedendola tornare con la cesta piena, le sue due figlie le corsero incontro per vedere che pesce vi fosse rinchiuso. La madre ordinò loro di non aprire la cesta.
Ma, appena voltò le spalle, le figlie si affrettarono ad aprirla. E quando l’aprirono, trovarono così bello il cacciatore che se ne innamorarono entrambe, e la più giovane lo nascose nella sua amaca.
Quando la madre si preparò a uccidere e a mangiare il prigioniero, le ragazze le confessarono la loro colpa. La madre acconsentì a risparmiare questo genero imprevisto, a condizione però che il cacciatore andasse da quel giorno a pescare al posto suo. E così fu.
L’orchessa diventava però ogni giorno più esigente e, per quanto abbondante fosse la preda, non si accontentava mai di quel che il cacciatore riusciva a pescare. E così, dopo un certo tempo, il cacciatore finì per ammalarsi.
La figlia più giovane, divenuta sua moglie, acconsentì allora a fuggire con lui.
Ed ecco un giorno, di ritorno dalla pesca, il cacciatore disse alla suocera di aver lasciato, come al solito, nella piroga i pesci che aveva pescato: che andasse pure a prenderli.
Sotto la piroga nuotava di nascosto un pescecane (o un coccodrillo): appena l’orchessa si avvicinò, ne fece un sol boccone.

I due sposi poterono così fuggire, ma la sorella più grande affilò il coltello e li inseguì.
«Su – disse alla sposa il cacciatore – cerchiamo rifugio su un albero!».
In tutta fretta, la sposa si arrampicò su un albero e, dopo di lei, si arrampicò il cacciatore, ma non fu abbastanza lesto, perché l’inseguitrice riuscì a tagliargli una gamba.
L’arto amputato si animò e divenne la gru, la Madre degli uccelli. Nel cielo notturno si vede sempre la sposa del cacciatore (le Pleiadi), più in basso l’eroe stesso (le Iadi), e ancora più in basso la sua gamba tagliata (la Cintura di Orione).
(estratto da Lévi-Strauss: Il crudo e il cotto)