Sigurðr mozzò a Reginn la testa e quindi si cibò del cuore di Fáfnir e bevve il sangue di ambedue, di Reginn e di Fáfnir.
Allora Sigurðr intese le cinciallegre dire:
«Raccogli, Sigurðr, i rossi anelli:
non è da re aver troppa paura.
So di una donna, una vera bellezza,
con dote d’oro, possa tu riuscire ad ottenerla!
Conducono da Gjúki sentieri verdeggianti:
il destino sa essere guida a chi va errando.
Là un eccelso sovrano ha allevato una figlia:
ecco, con doni, Sigurðr, dovrai acquistarla per moglie.
Una corte è sull’alto Hindarfjall.
Fuori è tutta circondata di fuoco:
ebbero a farla uomini esperti
di chiaro splendore del fiume.
So che su un monte dorme una donna guerriera
e sopra vi gioca la sventura del tiglio.
Col pruno Yggvr la punse: fu la rovina, lei,
per ogni uomo che voleva averla.
Potrai, giovane, vedere la donna coperta dall’elmo
che dalla battaglia cavalcò su Vingskornir.
Non si può di Sigrdrífa rompere il sonno,
o congiunto di principi, contro i decreti delle norne».
(Canzone di Fáfnir, 40-44)