Nella Völsunga saga si narra di quella volta che Sigurðr, giunto nel paese dei Franchi, vide all’orizzonte una grande luce che s’innalzava al cielo come una colonna. In mezzo alle fiamme c’era un castello, adornato di scudi, e nel castello giaceva una donna addormentata e armata.
Sigurðr le tolse l’elmo; la valchiria aprì gli occhi e disse: «Ah, Sigurðr Sigmundson è giunto, con l’elmo di Fáfnir in testa e la perdizione di Fáfnir in mano».
La donna gli rivelò d’essere stata stregata da Óðinn, per aver concesso la vittoria a un guerriero giovane e non al vecchio a cui invece spettava.
Per castigo Óðinn l’aveva punta con la spina del sonno. Perciò, non sarebbe mai più andata per i campi di battaglia, come le sue compagne, a distribuire la vittoria; avrebbe dovuto sposare un mortale.
Infine mostrò a Sigurðr delle rune, che gli avrebbero consentito di curare le ferite, di trionfare nella lotta, di calmare i mari e di aiutare le donne nel parto.
Disse di chiamarsi Sigrdrífa, ma non è difficile riconoscere in lei la Brynhildr dell’Edda.
Nel congedarsi da lei, Sigurðr le promise che sarebbe tornato per sposarla.