Galles – La scomparsa del figlio di Rhiannon

Rhiannon-goddessL’indomani Pwyll e Rhiannon si misero in cammino per il Dyfed e si recarono alla corte di Arberth, dove era stata approntata una festa in loro onore. Da tutto il paese, da tutte le terre, accorsero a far loro corona gli uomini e le donne più nobili.
Rhiannon non lasciò alcuno senza avergli fatto un dono importante, fosse una collana, un anello, una pietra preziosa.
Essi governarono in prosperità il paese per quell’anno, e poi per un secondo. Ma il terzo anno, gli uomini del paese cominciarono a nutrire oscuri pensieri, poiché vedevano senza erede colui che amavano come il proprio signore e il proprio fratello di latte: essi lo pregarono di recarsi tra loro.

L’incontro ebbe luogo a Presseleu, nel Dyfed.
«Signore – gli dissero – non sappiamo se tu vivrai a lungo come certi uomini di questo paese, e temiamo che tu non abbia eredi dalla donna con cui vivi. Non durerai per sempre e, del resto, se anche tu volessi che le cose restassero così, noi non te lo permetteremo».
«Non è molto – rispose Pwyll – che noi siamo insieme. Possono accadere molte cose. Concedetemi la dilazione di un anno. Accordiamoci per riunirci nuovamente tra un anno, e allora io seguirò il vostro consiglio».
Essi convennero sulla dilazione.

Prima del termine stabilito, a Pwyll nacque un figlio nella stessa Arberth.
La notte della nascita, delle donne furono mandate a vegliare sulla madre e sul bambino. Esse però si addormentarono, e così anche Rhiannon, la madre.
Quelle donne erano in numero di sei. Esse vegliarono bene una parte della notte, ma poco prima di mezzanotte presero sonno e si destarono solo sul far del giorno.

Rhiannon-bassorilievoAppena sveglie, il loro sguardo si volse verso il luogo in cui avevano sistemato il bambino: non ve n’era più traccia!
«Ahimé – esclamò una – il bambino è perduto!».
«Di certo – disse un’altra – arderci o ucciderci sarà un’espiazione troppo lieve per la perdita del bambino!».
«C’è forse un consiglio al mondo da seguire in simile frangente?», disse un’altra ancora.
«Sì – rispose una. – Io ne conosco uno buono».
«Quale?», chiesero tutte.
«C’è qui una cagna da caccia coi suoi piccoli. Uccidiamo alcuni dei cuccioli, strofiniamo col loro sangue il viso e le mani di Rhiannon, gettiamo davanti a lei le ossa e giuriamo che è stata lei stessa a uccidere il figlio. Il giuramento di noi sei avrà la meglio sul diniego di lei sola».
Ed esse si attennero a tale progetto.

Verso giorno, Rhiannon si svegliò e chiese: «Dov’è mio figlio?».
«Principessa, non chiedere a noi di tuo figlio; siamo tutte piaghe e contusioni, dopo la lotta che abbiamo sostenuto contro di te; invero, non avevamo mai vista tanta forza in una donna. A nulla ci è valso lottare con te: tu stessa hai fatto a pezzi tuo figlio. Dunque, non lo reclamare da noi».
«Meschine – ella rispose. – Nel nome del Signore Iddio che tutto vede, non fate pesare su di me una falsa accusa! Dio che tutto conosce sa che è falsa. Se avete paura, porto a testimone Dio che vi proteggerò».
«Certo – esse esclamarono – per nessuno al mondo ci esporremo al male da noi stesse!».
«Meschine, se direte la verità, non patirete alcun male».
Ma per quante parole ragionevoli e commoventi rivolgesse loro, non ottenne che la medesima risposta.

In quel momento Pwyll si alzò, e con lui tutta la sua compagnia e tutta la sua casa. Non fu possibile nascondergli la sventura. La notizia si sparse per il paese. Tutti i nobili l’appresero; essi si riunirono e inviarono a Pwyll dei messaggeri per chiedergli di separarsi dalla moglie dopo un così orribile misfatto.
Pwyll mandò loro questa risposta: «Voi mi chiedeste di separarmi da mia moglie per una sola ragione: perché ella non aveva figli. Ora, io so che ne ha avuto uno. Dunque, non mi separerò da lei. Se ella ha agito male, che ne faccia penitenza».

Rhiannon-uccelliRhiannon fece venire dei dottori e dei sapienti, e le parve più decoroso accettare una punizione che disputare con le donne.
Ecco la penitenza che le fu imposta: per sette anni di seguito sarebbe rimasta alla corte di Arberth, ogni giorno si sarebbe seduta accanto al montatoio di pietra che era all’esterno dell’ingresso e a chiunque fosse giunto, e sembrasse ignorarla, avrebbe narrata tutta l’avventura e avrebbe proposto agli ospiti come agli sconosciuti, se essi avessero voluto permetterglielo, di portarli a corte sulla propria schiena.
Accadde raramente che qualcuno consentisse a lasciarsi portare. E così ella trascorse una parte dell’anno.

(Mabinogion, Pwyll signore di Dyfed)