Plotino – Togli via il superfluo!

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Michelangelo – Schiavo “non finito”

Cos’è dunque che vede la «vista interiore»? Appena risvegliata, essa non riesce assolutamente a vedere gli oggetti luminosi. Bisogna pertanto abituare l’anima stessa dapprima a vedere le belle occupazioni, poi le opere belle, non quelle prodotte dalle arti, ma quelle degli uomini che diciamo buoni; e in seguito a vedere l’anima di coloro che compiono queste belle azioni.
Ma come si può vedere la bellezza dell’anima buona?

Ritorna in te stesso e guarda: se non ti vedi ancora interiormente bello, fa’ come lo scultore di una statua che deve diventare bella. Egli toglie, raschia, liscia e ripulisce, finché nel marmo non appaia la bella immagine. Così anche tu, togli via il superfluo, rettifica l’obliquo, purifica l’oscuro e rendilo luminoso, e non cessare di scolpire la tua propria statua, finché non ti si manifesti lo splendore divino della virtù e tu non veda la temperanza assisa su un trono puro.

Se sei diventato ciò e vedi tutto questo, se ti sei purificato e nulla più ti impedisce di ricongiungerti a te stesso, nella tua unicità, se intimamente non hai nient’altro che sia mescolato con te stesso, ma tutto quanto tu sei una sola luce vera, non misurabile per grandezza né circoscritta da forma alcuna che la delimiti e nemmeno, al contrario, aumentabile all’infinito, ma una luce assolutamente senza misura perché superiore a ogni misura e a ogni qualità, se vedi che sei diventato questo, tu sei diventato ormai occhio visionario e puoi confidare in te stesso e, pur essendo quaggiù, sei salito e non hai più bisogno di chi ti mostri la via; fissa lo sguardo e vedi: questo soltanto è l’occhio che vede la grande bellezza.

Ma se tu vieni a contemplare lordo di sudiciume, non ancora purificato o debole, per la tua poca forza non ce la fai a scorgere le cose assolutamente luminose e non vedi nulla, anche se ti fosse posto innanzi un oggetto che può essere visto. È necessario infatti che colui che guarda si faccia simile e uguale a ciò che guarda, per potersi accostare e vederlo. L’occhio non vedrebbe mai il sole, se non fosse già simile al sole, né un’anima vedrebbe la bellezza, se non fosse già bella.

Ciascuno diventi dunque anzitutto deiforme e bello, se vuole contemplare Dio e il bello. Salendo, egli arriverà dapprima al Noûs e colà conoscerà tutte le forme belle e dirà che questa è la bellezza, cioè le forme: grazie a queste, infatti, che sono generate dal Noûs e dalla Realtà Vera, esistono tutte le bellezze. Ciò che è al di là di questo, noi lo chiamiamo la natura del Bene, dinanzi a cui, come un velo, sta la Bellezza.
Sicché, con una formula sintetica, diremo che la Bellezza è il primo manifestato, ma volendo distinguere gli intelligibili uno dirà che il bello intelligibile è il luogo delle forme, e che il bene lo trascende, in quanto fonte e principio del bello, un altro invece identificherà il bene e il bello. Resta comunque che il bello è lassù.

(Plotino, Enneadi, 1: 6.9)