Un giorno Gesù bevve a un limpido ruscello la cui acqua era più dolce dell’essenza delle rose. Uno dei discepoli riempì una brocca con quell’acqua e poi, insieme, ripresero il cammino.
Più tardi Gesù volle bere l’acqua della brocca, ma questa volta gli parve amara.
Ritrasse le labbra stupito, esclamando: «Mio Dio, l’acqua della brocca non era forse quella del ruscello? Svelami dunque il mistero! Perché mai quest’acqua è così amara, mentre l’altra era più dolce del miele?».
Allora la brocca prese a parlare, dicendo: «O Gesù, io sono molto vecchia, avendo vissuto mille anni sotto le nove cupole celesti, in forma di brocca, di pentola e di bottiglia. Ridiventassi brocca mille volte ancora, io continuerei a offrirti l’amaro sapore della morte. È l’amarezza della morte che rende me stessa così triste e la mia acqua tanto amara!».
O incosciente, sappi ascoltare i segreti della brocca, non continuare a vivere nella stoltezza del somaro! Tu che in verità hai smarrito te stesso, va’ in cerca dei segreti prima che la vita ti abbandoni! Se non conosci te stesso mentre vivi, come potrai dopo morto attingere i segreti?
Dall’intelletto non avrai notizie di te, e neppure morendo troverai tracce della tua vera essenza. Colui che muore nell’ignoranza è perduto, giacché nacque uomo e divenne disumano. E se molteplici veli coprono gli occhi di quello sventurato, come potrà ritrovare se stesso?
(Farîdoddîn ‘Attâr, Il verbo degli uccelli)