Un titolo provvisorio

Come scegliersi una buona moglie.
Per una luna di miele di cui non ci si debba poi pentire.
Qualcosa come: Sposarsi Bene.
Oppure: La Donna Giusta con cui Accoppiarsi.
(stiamo cercando un titolo per la qui presente Sceneggiata)
Un titolo provvisorio, ovviamente.

Come Adolf Wölfli – anche noi ci siamo trovati a iniziare il «disegno» da un punto a caso della «cornice».
Come lui ci siamo fidati del Caso. Non sapevamo, e tuttora non sappiamo, se o chi o che cosa si trova al «centro» del Quadro. Ma è scontato a questo punto che non ambivamo ad altro che a uno «sposalizio»: a congiungerci cioè con l’altra nostra metà (per informazioni, rivolgersi a Platone).
C’è da supporre, anzi a questo punto ne siamo più che certi – che lì, al centro del Quadro, se qualcosa c’è, se qualcosa qualcuno vi trova, non può essere che la sua propria arkhé.
Non è un paradosso? pensare di essere diretti alla volta del proprio inizio sconosciuto! – ma che razza di follia, è mai questa?

Adolf Wölfli - Form is void
Adolf Wölfli – Form is void

La follia del salmone, la pazzia del viandante che va controcorrente.
Lasciamolo andare ancora un poco, e vediamo dove ci porta.
Poi, se è il caso, gli daremo due o tre pasticche, di quelle oggi prescritte dagli ultimi eredi di Asclepio.
Ve lo ricordate? – è il frutto dell’«adulterio» della Vergine.
Tenetelo a mente, se mai giungerete al primo verso del trentatreesimo di Paradiso: Vergine madre, figlia di tuo figlio.
Se mai al polo del suo Avvento nella Parola sarà dato a qualcuno di avvistare qualcosa del suo proprio mistero, c’è da supporre che nient’altro «vedrà» che l’icona che l’«allucinò» al valico di frontiera, quando si trovò a scollinare tra il linguaggio immaginario (il miele di Lupo) e il linguaggio simbolico (il miele d’Ape).

La trama della Sceneggiata, man mano che prende colore sotto i nostri occhi, sembra profilarsi come il tardo racconto di un epigono alessandrino (tutto lascia sospettare che sia un grammatico piuttosto che un poeta) nel cui stile, a dir poco sibillino, si racconta della comica iniziazione di un vecchietto alla sua propria «morte di luce».
A quando «morì», e fu la sua «prima morte».
La prima di tante morti che dovevano succedergli. La prima di quelle morti miracolose da cui, solo «sapendole», era potuto risuscitare.
La prima fu l’Abbagliante – quella del primo Sbaglio. Della prima mossa sghemba (apertura di cavallo) sulla scacchiera. Del primo «spostamento» in cui era stato trascinato dalla Metafora.
A sua insaputa, è ovvio.

Dicesi «ritorno del rimosso». Parole troppo «cliniche» per i nostri gusti.
Scusate, ma noi preferiamo quelle del vecchietto – perché è abbastanza scimunito da avventurarsi a dire che no, che sì, che l’aveva sempre saputo, ma che non lo sapeva dire se non così: dalla cornice muovendo verso un polo sconosciuto.
Trovando, se così si può dire, futuro nel suo Passato: trovandovi sempre lo stesso miracolo, lo stesso sbaglio, lo stesso quiproquo della prima morte. La stessa luce che l’aveva abbagliato al Solstizio della sua infanzia.

PRIMA SCENA
Solstizio – stagione secca – arsura eterna – fuoco distruttore
Apollo ha sete, manda il corvo ad attingere «acqua alla fonte»
Acqua fresca – chiare fresche e dolci acque, dice il Poeta
Acque della Vergine – della prima Icona, la Sacrosanta, che s’era impressa nell’immaginazione del dio bambino: il suo «doppio allo specchio», quello a cui il dio bambino parlava nella sua privata lingua immaginaria
la Vergine è la prima Seduttrice, la Tentatrice, la Forma Vuota, la Superficie che si sovrascrive allo Specchio, che lo nasconde e lo copre: dunque, l’Icona di copertura (che col tempo acquisterà anche un «nome di copertura», uno pseudonimo o, forse meglio, un anagramma con buona pace di de Saussure)
Apollo allucinato la guarda: al pascolo negli occhi della Medusa, Apollo si pietrifica – non osa … Apollo è timido, Apollo è casto, Apollo è ancora acerbo e corre dalla mamma
Ma la mamma, mamma Lupa, così dice il Racconto – dice che s’era tinto di nero il seno, e Apollo che a quel seno avrebbe voluto dissetarsi ancora, d’un tratto si trovò a esserne respinto: un fratellino minore aveva preso il suo posto «secondo l’ordine del Tempo», dice il Filosofo
Il Tempo comanda. Altro che dieci comandamenti. Il Tempo comanda tutto a tutti. Comanda perfino agli dèi. Figurati ai bambini che nulla sanno della loro «divinità».

Una volta disgiunto dal seno materno, Apollo ha bisogno di connettere la sua bocca a un’altra dispensa di miele. Ma dove può trovarlo?
Nella Seduttrice che l’ha «tradito»? Nella Lupa che lo respinge e non vuole più saperne di allattarlo? O dove?

SECONDA SCENA
Sono dodici notti che Apollo si è rifugiato nella Casa della Lupa (è tornato a casa, dentro il buco nero della «non-costellazione» che si apre nella Via Lattea).

Adolf Wölfli - Scripta Manent
Adolf Wölfli – Scripta manent

Ha da sciogliere un dilemma che l’assilla: dove procacciarsi del miele? Sua madre, il miele «alimentare», ormai glielo rifiuta. In quanto alla Seduttrice, è piena sì di «miele figurato» (piena di quella «voluttà inesauribile» che l’alma Venus di Lucrezio inietta nei viventi perché la Vita viva), e tuttavia essa è per Apollo inattingibile. La sua «fidanzata celeste», la sua «sposa immaginale» è infatti una donna (almeno per lui) otturata!
Apollo è chiuso tra due fuochi – arsura eterna.
Ulisse, pardon: il Corvo – parla (fiamma loquente). Diomede, il «fratellino», tace (flauto silente).

Apollo prende, Apollo vuole, Apollo pretende – è così che l’ha viziato sua madre (finché, dalla sera alla mattina, non gli ha nascosto il seno).
Apollo perde, Apollo getta via e disperde – è questa la metamorfosi indotta dall’irruzione sulla scena di Ermes, il «dio dei ladri», il Signore dei mariuoli, ma anche il Principe dei Donatori (di «forme vuote»).
Donandogli un guscio di tartaruga, Ermes apre ad Apollo un’altra via su cui avventurarsi alla ricerca di «miele figurato». C’è un’altra «voluttà», un’altra «libidine» è possibile – questo di fatto dona Ermes ad Apollo. Gli dona la conoscenza del Primo Comma dell’Arte – o, se vuoi, l’enunciazione del Primo Nome Simbolico.
Il Comma recita: spezza la catena di «voglio e voglio e voglio», spezzala con un dono!
Eccoti questo guscio – dice il fratellino al fratello maggiore. – L’ho svuotato della carne apposta per farne un segno, e insieme uno strumento, dell’aldilà della Fame. Dai, suonalo: un altro miele gusterai. Quel poco di miele che la tartaruga un tempo trafugò da questa Terra di Lupi Selvaggi. Dai, suonalo: fa’ che la tartaruga parli ancora una volta, che un’altra eco balbetti, un’altra nota accenni proveniente dalla Casa dei Canti – lì al centro, nel cuore sconosciuto del Quadro.